Bilancio Sociale
  Premessa
  Obiettivi
  Normativa
  GBS
  AccountAbility1000
  Bibliografia


  Bilancio Ambientale
  Codice Etico
  SA 8000
  Fund Raising


  Bilanci in Italia


  News
  News Aziende
  News Non profit


  Appuntamenti
  Corsi
  Opportunità


  Tesi
  Documenti


  Premi
  

Tesi



In questa pagina trovano spazio informazioni relative a Tesi attinenti ad argomenti come il bilancio sociale, il bilancio ambientale, l'etica d'impresa, il fund raising. Si invitano tutti coloro interessati ad alimentare la materia (Imprese, Universita' Studenti, Istituti di ricerca, ecc.) ad inviare i loro contributi in formato elettronico adatto al web (per es. formato MS Word), con una presentazione del soggetto e una breve descrizione dell'argomento trattato. Tutti i contributi inviati, divisi per tipologia e per argomento, verranno pubblicati in questo sito, naturalmente con la citazione della fonte ed eventuali collegamenti ipertestuali ai siti corrispondenti. Per eventuali segnalazioni e contributi e-mail



"Dal Bilancio d'Esercizio al Bilancio Sociale, verso un Bilancio di Sostenibilità Socio-Ambientale dell'Azienda ULSS 16 di Padova"
Dott.ssa M.Paola Giorio

"Responsabilità Sociale dell’Impresa e PMI. Breve indagine sullo stato di diffusione degli strumenti di RSI nel settore cooperativo in Umbria"
Dott. De Vivo Ciro

"La valorizzazione degli stakeholders attraverso il Bilancio Sociale: il caso della P.A. Croce Verde di Castelfidardo Onlus"
Dott.ssa Elena Pesaresi

"La responsabilità sociale degli Istituti di Credito"
Dott.ssa Sabrina Maio

"Responsabilità sociale di impresa e workplace"
Dott. Dario Muzzarini

"La rendicontazione sociale nel non profit. Il caso delle fondazioni di origine bancaria"
Dott.ssa Giulia Teresa Franchini

"Il ruolo della causa sociale nella costruzione dell’identità di marca. Il caso Monnalisa"
Dott.ssa Elisa Menchini

"I bilanci sociali e ambientali nelle società quotate"
Dott.ssa Valentina Lafiandra

"Il Bilancio Sociale negli Enti Pubblici"
Dott. Raffaele Esposito Amarante

"La responsabilità sociale nell’ambito delle strategie aziendali. Il caso CaliaItalia s.p.a"
Dott.ssa Grazia Panaro

"Il bilancio di sostenibilità: il caso Granarolo"
Dott.ssa Claudia Farina

"Responsabilità Sociale d'Azienda profit: un esempio di Sponsorizzazione Sociale"
Dott.ssa Gennari Morena

"L'approccio transnazionale al controllo delle attività delle imprese multinazionali: il fenomeno dei codici di condotta privati"
Dott. Gianluca Serra

"Terzo settore e comunicazione. Lo strumento del bilancio sociale nel non profit italiano"
Dott.ssa Chiara Zuccato

"La responsabilità sociale nella corporate governance. Il caso del bilancio sociale della provincia di Parma"
Dott. Giulio Reina

"I discorsi delle organizzazioni: analisi della retorica del Bilancio Sociale"
Dott.ssa Cecilia Pincella


  Pagina precedente




"Dal Bilancio d'Esercizio al Bilancio Sociale, verso un Bilancio di Sostenibilità Socio-Ambientale dell'Azienda ULSS 16 di Padova"

Rendiamo disponibile la tesi della Dott.ssa M.Paola Giorio: "Dal Bilancio d'Esercizio al Bilancio Sociale, verso un Bilancio di Sostenibilità Socio-Ambientale dell'Azienda ULSS 16 di Padova", Master di II° livello in Economia e Gestione dei Servizi Sanitari anno 2003/2004 - Università degli Studi “La Sapienza” di Roma – INPDAP - Azienda ULSS n.16 Padova - Regione del Veneto.


Il lavoro di tesi mette in evidenza come già la legge istitutiva del SSN (L.n. 833/78) e le leggi attuative, in particolare della Regione Veneto, avevano previsto per l’area sanitaria e sociale, un processo di programmazione e di rendicontazione di tipo partecipato attraverso il coinvolgimento dei comuni.
Nell’evoluzione normativa successiva, l’individuazione dei bisogni e la definizione delle esigenze di assistenza socio-sanitaria, nonché la successiva valutazione degli obiettivi di piano raggiunti, avviene in tavoli di concertazione con gli organi istituzionali sovraordinati, mantenendo il coinvolgimento del livello base dei cittadini o loro rappresentanti. La logica di programmazione e controllo partecipato è di tipo circolare con flussi informativi ascendenti (buttom-up) e discendenti (top-down) di ritorno, realizzando così un processo che si può definire sociale.
La tesi prosegue presentando una sintesi degli standard e dei modelli di rendicontazione sociale esistenti a livello internazionale o nazionale (AA1000, GRI, GBS) e suggerendo un progetto incrementale per l’Azienda ULSS n.16 di Padova. Tale progetto si propone, a partire dalla comprensione e rivisitazione degli strumenti di pianificazione e rendicontazione economica previsti all’interno delle Aziende Socio-Sanitarie del Veneto (piano dei conti, budget e report di bilancio) due possibili esiti: da un lato, definire una reportistica standard, condivisa tra interlocutori interni ed esterni (stakeholders) per favorire il confronto e la valutazione, dall’altro consentire di rendere pubblici i risultati di gestione in modo più completo e ampio della Relazione Annuale allegata al Bilancio di Esercizio. Il valore aggiunto prodotto dalle Aziende ULSS viene, in tal modo, misurato e presentato non solo in termini di risultato economico di efficienza ma anche come impatto socio-ambientale e di sostenibilità per il benessere fisico, psichico e sociale della popolazione.

NB. Chi fosse interessato al lavoro, può contattare per ulteriori approfondimenti: info@bilanciosociale.it

INDICE

Alcuni presupposti normativi e teorici di riferimento

Finalità

Elementi per l'avvio di un progetto

Conclusioni

Bibliografia

Normativa citata e consultata

Torna su



"Responsabilità Sociale dell’Impresa e PMI. Breve indagine sullo stato di diffusione degli strumenti di RSI nel settore cooperativo in Umbria"

Rendiamo disponibile la tesi del Dott. De Vivo Ciro: "Responsabilità Sociale dell’Impresa e PMI. Breve indagine sullo stato di diffusione degli strumenti di RSI nel settore cooperativo in Umbria" scritta con la collaborazione del Dott. Luigi Dell'Aquila, Relatore: Prof. Tommaso Sediari - Corso di Laurea in Economia e Commercio anno 2004/2005 - Facoltà di Economia - Università degli Studi di Perugia.


Con il lavoro “Responsabilità Sociale dell’Impresa e PMI. Breve indagine sullo stato di diffusione degli strumenti di RSI nel settore cooperativo in Umbria” si intende analizzare lo stato di diffusione della Responsabilità Sociale tra le imprese italiane ed in particolare tra le Piccole e Medie Imprese, che rappresentano la spina dorsale dell’economia nazionale ed europea.
L’obiettivo primario è quello di verificare in che cosa si estrinseca la nozione di RSI, ovvero, quali sono i comportamenti tipici che permettono di identificare un’impresa come socialmente responsabile ed attraverso quali strumenti, oggi, è possibile individuare e misurare il grado di “socialità”.
Nell’introduzione all’elaborato si fa un breve excursus sull’evoluzione dell’idea di CSR.
Il primo capitolo tratta delle politiche che l’Unione Europea ha intrapreso per favorire la diffusione dei comportamenti e degli strumenti propri della Responsabilità Sociale tra le imprese e, soprattutto, tra le PMI. A questo proposito l’attenzione viene rivolta in particolare al Libro verde sulla RSI ed al Comunicazione della Commissione europea sulla RSI del 2002, nonche’ alle iniziative attuate dai singoli stati membri per accompagnare l’azione comunitaria.
Nel capitolo successivo, invece, si cerca di dare un’interpretazione a concetti fondamentali quali : etica, Responsabilità Sociale e Stakeholders.
Facendo poi alcuni esempi di casi di “Irresponsabilità Sociale”, in modo da evidenziare cosa non fare.
Dopo aver analizzato i principali strumenti di rendicontazione e revisione sociale, i cosiddetti standards of social and ethical accounting, auditing and reporting, si è passati a verificare( cap. IV) quali fossero i parametri adottati dalle imprese per decidere quale modello di Csr utilizzare, effettuando, quindi, un confronto quali-quantitativo tra Piccole e Medie imprese e grandi imprese.
Infine nell’ultimo capitolo si è voluto constatare lo “stato dell’arte” nel settore cooperativo, da sempre in prima linea nello sviluppo dei comportamenti e degli strumenti tipici della RSI, attraverso un’indagine personalmente realizzata tra le cooperative aderenti a Legacoop Umbria.

NB. Chi fosse interessato al lavoro, può contattare per ulteriori approfondimenti: info@bilanciosociale.it

INDICE

INTRODUZIONE

Origini e Sviluppo della Responsabilità Sociale d’impresa

IL RUOLO DELLE POLITICHE PUBBLICHE NELLA PROMOZIONE DELLA RESPONSABILITA’ SOCIALE D’IMPRESA

1.1 Le Politiche Comunitarie
   1.1.1 Libro Verde “Promuovere un quadro europeo per la Responsabilità Sociale delle Imprese”
   1.1.2 Comunicazione della Commissione europea (2002) sulla RSI: “un contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile”
1.2 Politiche Pubbliche nazionali

CHE COS’E’ LA RESPONSABILITA’ SOCIALE D’IMPRESA

2.1 Responsabilità sociale dell’Impresa: nuovo orientamento gestionale
2.2 L’Etica nella gestione aziendale
2.3 Il concetto di Stakeholder
2.4 Casi di ordinaria “Irresponsabilità Sociale”: vademecum di cosa non fare

STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELLA RESPONSABILITA’ SOCIALE DELLE IMPRESE
3.1 Gli strumenti di revisione sociale: Responsabilità Sociale e Social Audit
   3.1.1 SA 8000: certificazione etico-sociale
   3.1.2 AccountAbility 1000 (AA1000)
   3.1.3 OHSAS 18001
   3.1.4 Il Progetto Q-RES
   3.1.5 Il Global Reporting Iniziative (GRI)
3.2 Gli strumenti di rendicontazione e autoregolamentazione
   3.2.1 Codice etico
   3.2.2 Bilancio Sociale
   3.2.3 Bilancio Ambientale
      ISO 14001 ed EMAS: certificazioni ambientali
   3.2.4 Bilancio di Sostenibilità

I MODELLI DI RESPONSABILITA’ SOCIALE NELLE IMPRESE ITALIANE: CONFRONTO TRA PICCOLE E MEDIE IMPRESE E GRANDI IMPRESE

4.1 Confronto tra PMI e grandi imprese
   4.1.1 Rapporti con il personale
   4.1.2 I sistemi di corporate governance
   4.1.3 Salute, Sicurezza ed Ambiente
   4.1.4 I rapporti con la comunità locale
   4.1.5 I rapporti con clienti e fornitori
   4.1.6 Gli strumenti di RSI e la Comunicazione
   4.1.7 La sensibilità verso la RSI

LO STATO DELL’ARTE NEL SETTORE COOPERATIVO DELL’UMBRIA

5.1 RSI e settore cooperativo
5.2 Indagine relativa alla diffusione degli strumenti di RSI nel settore cooperativo in Umbria
    Allegato 1: Questionario

APPENDICE: IL CASO ASAD

Conclusioni
Bibliografia
Sitografia

Torna su



"La valorizzazione degli stakeholders attraverso il Bilancio Sociale: il caso della P.A. Croce Verde di Castelfidardo Onlus"

Rendiamo disponibile la tesi della Dott.ssa Elena Pesaresi: "La valorizzazione degli stakeholders attraverso il Bilancio Sociale: il caso della P.A. Croce Verde di Castelfidardo Onlus" Relatore: Dott.ssa Maria Serena Chiucchi Corso di Laurea Specialistica in Organizzazione Sociale e Non Profit Indirizzo: Non Profit, anno 2004/2005 - Università Politecnica delle Marche - Facoltà di Economia "Giorgio Fuà".

Negli ultimi anni il tema della rendicontazione sociale sta attirando l’attenzione di un numero sempre maggiore di aziende che introducono accanto ai documenti informativi tradizionali (bilancio economico–patrimoniale) uno strumento per conoscere, valutare e rendere conto volontariamente dei risultati dell’attività aziendale, nella dimensione sociale, ambientale ed etica: il Bilancio Sociale.
Il Bilancio Sociale trova fondamento e motivazione nel concetto di etica e di Responsabilità Sociale d’Impresa, in base al quale le aziende dovrebbero rendere conto in modo trasparente, a tutti i portatori di interessi, delle risorse utilizzate, delle attività svolte e dei risultati conseguiti. Sulla base di ricerche teoriche condotte e delle prassi delle aziende, a livello europeo, sono stati elaborati alcuni modelli, standard e pratiche che affrontano i diversi aspetti della gestione della responsabilità sociale attraverso il bilancio sociale. In Italia nel 2001 sono state individuate da vari studiosi ed esperti della materia le prime linee guida comuni e i principi fondanti che costituiscono il punto di riferimento per l’applicazione del Bilancio Sociale.
L’obiettivo del presente lavoro è quello di verificare che il Bilancio Sociale non sia soltanto un documento cartaceo, ma il risultato di un processo che permette all’organizzazione di crescere e di valorizzare il rapporto con i propri interlocutori, di creare ricchezza e “valore aggiunto” nei confronti della società. E’ nostro intento affrontare l’argomento, di grande attualità, nel modo più completo, toccando materie tanto diverse tra loro, come l’economia aziendale, la sociologia, l’etica, la storia, il diritto. Vogliamo dedicare una particolare attenzione agli stakeholders, ovvero ai soggetti che hanno interessi in gioco nell’azienda, analizzando le teorie che si sono sviluppate negli Stati Uniti negli anni Sessanta–Settanta, individuando quali soggetti possono essere considerati interlocutori di un’azienda profit e non profit, per giungere ad approfondire il caso di un’organizzazione non profit che ha implementato il Bilancio Sociale investendo notevoli risorse a vantaggio dei propri stakeholders.
La letteratura ha incentrato l’analisi sulle relazioni, di reciproca influenza, tra l’azienda e gli stakeholders. Attraverso il Bilancio Sociale è possibile curare queste relazioni in modo costruttivo e orientato al lungo periodo, dando voce anche i soggetti più lontani. Il dialogo e la massima trasparenza nella rendicontazione sociale permettono di attuare cambiamenti organizzativi, creare fiducia tra azienda e stakeholders, evitando che le informazioni siano unidirezionali. Solo attraverso il coinvolgimento di tutti i portatori di interessi dell’azienda è possibile riscontrare un miglioramento nelle relazioni e nella qualità sociale: emerge quindi l’importanza del Bilancio Sociale quale strumento di comunicazione e il monitoraggio delle utilità sociali prodotte dall’azienda.
La struttura del presente lavoro è la seguente: i primi tre capitoli approfondiscono gli aspetti teorici, mentre nel quarto viene analizzato un caso aziendale, che indica come viene strutturato, in concreto, il Bilancio Sociale di un’associazione di volontariato.
Nel primo capitolo si vuole fornire al lettore un quadro generico per contestualizzare la Responsabilità Sociale presso le organizzazioni senza scopo di lucro (terzo settore) e le modalità di rendicontazione della stessa. Un’azienda è socialmente responsabile quando assume comportamenti che rispettano l’ambiente, la sicurezza e garantiscono una miglior qualità di vita dei lavoratori, dei consumatori e della società in genere. Si forniscono diverse definizioni di organizzazione non profit e si considera l’etica come presupposto alla Responsabilità Sociale, in quanto un agire morale, basato sulla reciprocità, sulla gratuità e sul dono, testimonia l’impegno orientato all’utilità sociale, al bene comune e alla solidarietà. La comunicazione e la rendicontazione sociale per le aziende non profit è di fondamentale importanza perché permette di informare tutti gli interlocutori sull’attività svolta, in un arco di tempo definito. Il punto di partenza del presente lavoro è che la aziende non profit non sono socialmente responsabili per definizione, ma soltanto se dimostrano e rendicontano il loro impegno verso il sociale. A questo proposito riteniamo che lo strumento di rendicontazione privilegiato, per informare circa i risultati sociali raggiunti dall’organizzazione, sia il Bilancio Sociale, di cui si parla nel secondo capitolo.
Nel secondo capitolo si presentano i modelli di riferimento per la redazione del Bilancio Sociale, maggiormente diffusi in Italia. E’ nostro intento dimostrare come i modelli e le linee guida diffusi a livello nazionale e internazionale, formulati nel settore profit, sono applicabili anche alle aziende non profit e nella fattispecie alle associazioni di volontariato. Si sottolinea come le organizzazioni non profit abbiano raggiunto livelli di espansione importanti nel sistema economico e per questo motivo iniziano ad adottare strumenti di gestione tradizionalmente adottati dal mondo imprenditoriale. Sono citati, a titolo esemplificativo, alcuni Bilanci Sociali di eccellenza a livello nazionale per verificare la rispondenza ai modelli descritti. Nel corso del secondo capitolo si rivolge un’attenzione particolare al modello maggiormente diffuso in Italia, cioè quello formulato dal Gruppo di studio per il Bilancio Sociale, e si illustra un modello specifico per il Bilancio Sociale e Bilancio di Missione nel terzo settore. Alla luce della focalizzazione del lavoro sul bilancio sociale delle aziende non profit, nel terzo capitolo si approfondisce la normativa del terzo settore, allo scopo di analizzare come viene “tradotta” la legge e come viene affronta la gestione di una struttura senza scopo di lucro. L’esigenza di rendere conto in modo chiaro, completo e ordinato dei risultati dell’attività di un’azienda non profit porta ad interrogarsi sugli obiettivi prefissati e sulla capacità di perseguire con efficacia le proprie finalità istituzionali. Si presentano le caratteristiche salienti di diversi documenti informativi: bilancio economico, carta dei servizi, carta dei valori, codice etico, ecc. Si conclude con alcune riflessioni in merito all’orientamento verso la qualità come presupposto per il bilancio sociale.
Nel quarto capitolo si tratta un caso specifico di Bilancio Sociale di un’azienda non profit. In particolare si tratta di un’organizzazione di volontariato, la P.A. Croce Verde di Castelfidardo ONLUS (An), un ente di erogazione di servizi di pronto soccorso, protezione civile, assistenza ed erogazione di trasporti socio–sanitari.
La scelta di redigere un bilancio sociale è dovuta alla volontà di migliorare la qualità dei servizi erogati, di monitorare la propria attività, e di valorizzare gli stakeholders. In particolare si illustra il processo che ha portato alla redazione del Bilancio Sociale 2003 e si approfondiscono le caratteristiche e i tratti distintivi del documento prodotto.

NB. Chi fosse interessato al lavoro, può contattare per ulteriori approfondimenti: info@bilanciosociale.it

INDICE

Introduzione

CAPITOLO I

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE NEL SETTORE PROFIT E NEL NON PROFIT
1.1 Considerazioni introduttive
1.2 Evoluzione del sistema azienda e avvento della RSI: le premesse storiche alla responsabilità sociale
   1.2.1 Caratteristiche distintive dell’azienda fordista e di quella post- fordista
   1.2.2 Le teorie organizzative alla base della responsabilità sociale
1.3 Definizione delle aziende non profit
   1.3.1 Lo sviluppo delle aziende non profit in Italia
1.4 L’importanza dell’etica
1.5 La responsabilità sociale nelle imprese e nelle aziende non profit
1.6 A chi si rivolge la RSI? Identificazione degli stakeholders
   1.6.1 L’adozione di un comportamento socialmente responsabile: i benefici per l’azienda e la comunità
   1.6.2 Il rapporto con gli stakeholders nelle aziende non profit
1.7 Il Libro Verde europeo
1.8 Le più recenti iniziative italiane ed europee in tema di RSI
1.9 Dalla responsabilità sociale al bilancio sociale

CAPITOLO II

IL BILANCIO SOCIALE E I PRINCIPALI MODELLI DI RIFERIMENTO
2.1 Premessa
2.2 I motivi alla base della redazione del bilancio sociale
2.3 La rendicontazione sociale nel settore non profit
2.4 I principali modelli di rendicontazione proposti
   2.4.1. Il modello Copenhagen Charter: l’attenzione al processo di rendicontazione
   2.4.2. Il modello SocialMetrica per il settore non profit
   2.4.3. Il modello GRI per un bilancio triple bottom line
   2.4.4. Il modello Accountability 1000: uno standard di processo
2.5 Il modello GBS
   2.5.1 Parte I: Obiettivi e principi del bilancio sociale
   2.5.2 Parte II: Struttura e contenuti del documento
     2.5.2.1 Identità dell’azienda
     2.5.2.2 Calcolo e distribuzione del valore aggiunto
     2.5.2.3 Relazione sociale: sezioni fondamentali
     2.5.2.4 Sezioni integrative
2.6 Il bilancio sociale nel terzo settore e il bilancio di missione

CAPITOLO III

ASPETTI NORMATIVI E GESTIONALI DEL NON PROFIT
3.1 Premessa
3.2 Il D.Lgs n° 460/97 sulle organizzazioni non lucrative di utilità sociale
3.3 Le recenti normative n° 2595/05 e 80/2005 sulle imprese sociali
3.4 La legge 266/1991 sul volontariato: le associazioni di volontariato e i centri di servizio per il volontariato.
   3.4.1 Dimensioni e rappresentatività del volontariato nella regione Marche
3.5 Il bilancio economico delle organizzazioni non profit
3.6 Il sistema informativo – contabile delle aziende non profit
3.7 Aspetti gestionali delle organizzazioni non profit
3.8 Aspetti strategici delle organizzazioni non profit
3.9 La comunicazione attraverso la carta dei servizi
3.10 La qualità come presupposto per il bilancio sociale
3.11 Considerazioni di sintesi

CAPITOLO IV

IL BILANCIO SOCIALE DELLA P.A. CROCE VERDE DI CASTELFIDARDO ONLUS: LA VALORIZZAZIONE DEGLI STAKEHOLDERS.
4.1 Considerazioni introduttive
4.2 Storia delle Pubbliche Assistenze in Italia
4.3 La Pubblica Assistenza Croce Verde di Castelfidardo ONLUS
   4.3.1 La mission: filosofia e valori di riferimento
4.4 Il processo di introduzione del bilancio sociale nella Croce Verde: dalla responsabilità sociale al bilancio sociale
   4.4.1 Le risorse impiegate nel bilancio sociale
4.5 Struttura e contenuti del Bilancio Sociale
   4.5.1 I servizi erogati
   4.5.2 Gli stakeholders della Croce Verde
   4.5.3 Il coinvolgimento degli stakeholders: le indagini sulla soddisfazione
     4.5.3.1 Gli utenti
     4.5.3.2 Le risorse umane
     4.5.3.3 La cittadinanza
   4.5.4 Cenni dell’analisi economico – patrimoniale
4.6 Aspetti critici e opportunità del Bilancio Sociale della Pubblica Assistenza Croce Verde di Castelfidardo ONLUS

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

ALLEGATI

Torna su



"La responsabilità sociale degli Istituti di Credito"

Rendiamo disponibile la tesi della Dott.ssa Sabrina Maio: "La responsabilità sociale degli Istituti di Credito".

Riassunto
Il seguente lavoro approfondisce il tema della responsabilità sociale, come viene approntata negli organismi economici, soprattutto gli istituti bancari, esplicitando i vari casi in cui essa diviene una mera enunciazione di principio.
La dicotomia tra il profitto e l’etica comincia nella notte dei tempi: Adam Smith, nel suo saggio del 1776, “Indagine sulla Ricchezza delle Nazioni” teorizza la mano invisibile: nell’andare a massimizzare il proprio tornaconto individuale, si rende possibile la massimizzazione dei benefici per l’intera collettività e quindi basta che cresca il reddito del singolo per far crescere anche il reddito nazionale. Questa teoria insieme con quella liberista sono cadute sotto il crollo di Wall Street del 1929 che ha dimostrato che il mercato non è capace di assicurare l’equa distribuzione delle risorse e che il profitto non deve essere l’unico motore di un organismo economico. Nello stesso periodo si fanno strada gli studi di business ethics, con cui si chiede all’impresa di pensare ai riflessi della propria attività sul mondo esterno. Ogni organismo economico produce delle esternalità positive e negative; tra quelle positive vi è sicuramente un beneficio per la collettività ma tra quelle negative rientrano l’inquinamento e tanti altri costi sociali che, sebbene prodotti dalla singola azienda, erano a carico di tutta la collettività. Dagli anni ‘70 in poi gruppi di pressione dei consumatori che hanno prodotto casi di boicottaggio di aziende, operanti a livello internazionale, hanno portato alla redazione di documenti sociali.
I consumatori sanno di non essere sovrani ma sono diventati molto critici: si diventa socialmente responsabili per acquisire un vantaggio competivo in un mercato fatto di prodotti omogenei.
I documenti di cui si parla sono essenzialmente due:
1. Il Codice Etico;
2. Il Bilancio Sociale.
Il primo esprime i valori predominati della gestione aziendale a cui deve attenersi tutta la gestione e deve la sua origine agli Stati Uniti dopo la promulgazione di una leg-ge che dimezzava la pena sui reati societari se fosse stato presente in azienda un Codice Etico.
Dovrebbe essere così ma la realtà è molto diversa. Ai nostri giorni ci sono stati molti scandali finanziari che hanno coinvolto organismi economici che redigevano un Codice Etico: è stato così per l’Enron, responsabile di aver dovuto licenziare la maggior parte del personale dopo aver reso vani i loro risparmi nel fondo pensione della società, e la Fiat che è stata una dalla prime aziende italiane a redigere un Codice Etico ma i cui amministratori sono stati coinvolti in un procedimento per tangenti. Anche il sistema finanziario non è immune dalla tentazione di redigere detto documento: l’Associazione Bancaria Italiana ha emanato un codice di autodisciplina per far si che gli intermediari operaressero con diligenza e trasparenza, così come le maggiori banche ma questo non ha impedito di essere partecipi a loro volta di scandali che hanno coinvolto risparmiatori che non avevano a disposizione informazioni sufficienti.
Il secondo è un documento complementare al bilancio d’esercizio, redatto volontariamente in cui vengono presentati con schemi, dati, e figure, i risultati della gestione sociale.
Il termine bilancio è improprio: in primis perché fa riferimento al termine bilanciare e quindi al confronto di poste contabili negative e positive mentre nell’ambito sociale difficilmente ci sono dati comparabili che riguardino obiettivi e risultati raggiunti. Il problema è che sembra impossibile redigere due documenti separati perché significherebbe avvallare l’idea di avere due capitali da impiegare in azienda: uno per la produzione e uno per il sociale che è impensabile sapendo che tutti gli elementi dell’azienda sono tesi verso il fine della sopravvivenza dell’organismo stesso.
Ci sono tuttavia posizioni intermedie che vedono il bilancio sociale come inserito in una comunicazione aziendale di tipo economico-finanziario che integri i dati della contabilità ordinaria con quelli presenti nella contabilità sociale.
Questa polemica è correlata a quella relativa al contenuto di detto documento: In Italia è sorto, nel 1998, il Gruppo di Studio per il Bilancio Sociale che ha pubblicato nel 2001 lo Standard di Processo Unificato, che richiama alcuni principi già presenti nello standard proposto dall’IBS. Esso si compone di tre parti:
1. Nella prima parte, chiamata “identità aziendale”, l’azienda si presenta, in termini organizzativi, strategici, politici, valoriali;
2. La seconda parte accoglie il calcolo e distribuzione del valore aggiunto;
3. L’ultima parte è la relazione sociale in cui sono analizzati i rapporti tra l’azienda e i suoi interlocutori.
In tutti i modelli proposti di bilancio sociale una parte viene dedicata al calcolo del valore aggiunto che si ottiene da una riclassificazione del conto economico del bilan-cio d’esercizio. Esso indica la ricchezza prodotta dall’impresa ed è pari alla differenza tra i valori dei beni e servizi ceduti e il valore dei beni e servizi acquisiti.
Il bilancio sociale è obbligatorio solamente in Francia per le aziende con più di 300 dipendenti che prende in considerazione solo i dati riguardanti il personale mentre nelle altre nazioni europee sono sorti organismi che cercano di standardizzare questo documento che rimane comunque una scelta volontaria tranne che in Gran Bretagna dove esistono infatti norme rigide che regolano i rapporti tra impresa e lavoratori, e che spingono l’attenzione delle imprese verso il sociale esterno. Non solo le imprese però redigono il bilancio sociale: anche gli istituti di credito sono molto attenti al tema della responsabilità sociale.
Il nostro sistema bancario è frutto di due importanti leggi: la prima è la legge Bancaria del 1936 che specializzava le banche in Istituti di Credito Speciale destinati all’erogazione di crediti a medio lungo termine, e le banche ordinarie che potevano erogare crediti a breve termine.
La seconda è la Legge Amato che reintroduce il modello di banca mista insieme alla forte presenza nell’azionariato delle Fondazioni e delle imprese non finanziarie.
La banca mista è stata oggetto di numerose polemiche per la mole d’informazioni che hanno a disposizione e che porta alla nascita di rapporti, definiti incestuosi, tra banca e impresa perchè le banche ricevono in cambio di crediti in sofferenza, pacchetti azionari e dall’altra parte nell’azionariato delle banche ci sono le stesse imprese che sono beneficiarie di una linea di credito che possono così accedere ad una serie di informazioni privilegiate.
Un altro problema del nostro sistema bancario è la presenza delle Fondazioni: gestiscono un patrimonio di 35.4 miliardi d’euro con il 52,8% di partecipazioni bancarie. Sono le capitaliste del sistema bancario e sono state promulgate molte leggi per farle uscire dall’azionariato: dalla legge Ciampi alla legge Dini per poi arrivare a quella Tremonti che, però ha il neo di far partecipare troppo gli enti locali rischiando di avere Fondazioni di serie A e di serie B a seconda della ricchezza della regione.
Gli istituti di credito hanno un’importante funzione sociale da assolvere: i loro criteri d’affidamento sono decisivi per lo sviluppo di un’economia, possono rallentarlo non concedendo prestiti alle imprese che generano redditi o concedendoli solo per favorire relazioni consolidate da scambi di pacchetti azionari. Oltre alla funzione sociale troviamo la responsabilità sociale che è estrinsecata con la creazione di Fondi Etici che non prendono in considerazione settori d’attività ritenute immorali: tali investimenti sono molto proficui per il risparmiatore e per chi li gestisce. Per i primi perché hanno ottenuto una performance migliore dei fondi non etici con un livello di rischio in ogni caso inferiore; per i secondi perché rientra nell’ambito di diversificazione degli impieghi in un periodo di crisi di fiducia del risparmio.
In questo filone s’inserisce il tema del bilancio sociale: la maggior parte delle banche che redige questo tipo di documento sono le banche di credito cooperativo che si caratterizzano per un rapporto stretto tra socio e banca e favoriscono le fasce economicamente più deboli del territorio ove si svolge la gestione.
L’impegno delle banche cooperative nel campo della rendicontazione sociale è giustificato dalle finalità di questo particolare tipo di aziende e dai valori in esse condivisi ; gli istituti di credito di questa tipologia hanno la necessità di rendicontare non esclusivamente sull’aspetto economico della loro gestione perché la loro attività è finalizzata ad offrire ai soci servizi a condizioni e a prezzi particolari, diversi da quelli riscontrabili sul mercato. Proprio per questo tipo di banche il bilancio sociale diventa un documento d’importanza essenziale, per informare chi è interessato allo svolgi-mento dell’attività della banca del suo rendimento e del suo operato.
Le banche ordinarie redigono un documento sociale, invece, rifacendosi allo standard proposto dall’ABI, più completo rispetto a quello proposto dal GBS perché tiene con-to del feedback delle informazioni e della dinamica del tempo. Il modello si compone di sei sezioni precedute da una lettera del Presidente che esplica le importanti novità dell’esercizio passato:
1. Introduzione descrittiva dell’identità aziendale: viene spiegata la storia della banca dalla sua nascita al suo assetto odierno;
2. Rendiconto: è lo schema formale per il calcolo e la distribuzione del Valore Aggiunto con la presentazione del bilancio riclassificato e d’indici gestionali creati ad hoc per far risaltare la socialità della gestione bancaria;
3. Relazione Sociale: vengono rappresentati i rapporti tra l’istituto di credito e l’ambiente circostante;
4. Sistema di rilevazione: è la parte dove trovano spazio i giudizi, i consensi e i reclami sulla conformità del comportamento della banca ai principi enun-ciati;
5. Proposta di miglioramento: è la sezione programmatica particolarmente importante se si è alla prima redazione del documento sociale;
6. Attestazione di verifica da parte di una società di revisione.
In questo lavoro sono stati esaminati i bilanci sociali di tre tra le banche maggiormente rilevanti nel nostro sistema: sono comunque bilanci molto eterogenei tra loro difficili da confrontare e che non rispecchiano il modello ABI.
Il primo documento è del Gruppo Unicredito che redige un bilancio socio-ambientale dove è facile reperire informazioni non solo sui riflessi sociali della gestione bancaria ma anche quelli ambientali come l’utilizzo della carta o l’inquinamento.
Il documento è diviso in due sezioni, la Corporate Identity e le Aree della Sostenibilità dove vengono presentati tutti i dati riguardanti la storia e la missione del gruppo e il Calcolo del Valore Aggiunto. Nella seconda sezione si evidenziano i rapporti tra la banca e i suoi interlocutori con particolare cura nell’affermare della fine del finanziamento delle operazioni che trattano armi.
Nel 1999 l’Unicredito Italiano è l’intermediario per la commessa d’apparati elettronici per l’aeronautica degli Emirati Arabi Uniti.
Nel 2000 troviamo nella Relazione del Consiglio di Ministri sia l’Unicredito che il Credito Italiano e cominciano ad arrivare numerose lettere di protesta dei risparmiatori indignati e che hanno aderito alla campagna e che vogliono sapere la destinazione dei propri risparmi.
Il motivo d’indignazione risiede anche nella contraddizione tra l’acquisizione di un fondo etico e che quindi prevede l’esclusione del commercio d’armi come settore d’investimento ed essere intermediatrici di questo tipo d’operazioni. Per tutta risposta nel bilancio socio-ambientale del 2001 troviamo un’affermazione di disimpegno che invita tutte le banche del gruppo a recedere da questo tipo d’operazioni, perfettamente legali, ma che nuocciono alla buona reputazione del gruppo che cerca di conquistare un ruolo sociale. Il problema è che gli importi sono molto elevati e che ci vorrà molto tempo: inoltre i risparmiatori trovano ancora la loro banca nell’elenco delle cosiddette banche armate anche nel 2002 per un importo autorizzato di 99.6 milioni d’euro. La banca MPS redige un documento socio-ambientale dal 2000 come l’Unicredito e come questa ha cambiato la suddivisione delle sezioni che nella prima edizione si compone di sei parti che nel 2002 si riducono a quattro data l’eliminazione della sezione riguardante l’impegno verso il futuro. Il bilancio della MPS presenta il notevole vantaggio per il lettore di comparare i dati presentati con quelli dell’anno precedente per quanto possibile visto che nel 2002 è avvenuta la fusione per incorporazione della Banca 121: è stata quindi redatta una situazione comparativa prendendo in considerazione anche gli aggregati della banca 121. Da qui nascono i maggiori reclami riscontrati nell’anno 2002 dovuti alla vicenda My Way e For You sottoscritti come semplici piani d’accumulo o di investimento ma che prevedevano l’accensione di un finanziamento quindicennale o trentennale. Notevoli sono state le richieste d’annullamento avanzate dalle Associazioni dei Con-sumatori fino a pervenire ad un accordo tra queste e la banca ma che comunque non hanno evitato un grave danno d’immagine. Il documento redatto dalla S. Paolo IMI è un bilancio sociale riferito solamente alla Capogruppo, alla prima stesura, che prende in considerazione il modello dell’ABI ma comunque elabora un modello che si adatta meglio alle esigenze di rappresentazione delle informazioni rilevanti per migliorare la sua reputazione. Di contro si riscontra che si ha ancora in sospeso il problema di essere comunque in-vischiati nel caso delle “banche armate”. Il problema è stato risolto istituendo un Comitato Crediti di Gruppo che si occupa di effettuare una verifica su questi tipi di crediti che vengono erogati a favore di operazioni concluse con i Paesi NATO e comunque per sole finalità di sicurezza. Un successivo problema è la vicenda del Fondo Azioni Italia per cui è stata comminata una multa dalla Consob per il sospetto travaso di fondi da Soluzione 6 e Soluzione 7 al Fondo Azioni Italia.

NB. Chi fosse interessato al lavoro, può contattare per ulteriori approfondimenti: info@bilanciosociale.it

INDICE

Introduzione

1. La teoria economica e l’etica.
2. L’etica e la finanza.

Capitolo I

La responsabilità sociale.
1.1.La responsabilità sociale.
   1.1.2.Le origini della responsabilità sociale.
   1.1.3.La responsabilità sociale in Italia.
1.2. Gli Standard di responsabilità sociale
   1.2.1. AA 1000 (Accountability 1000).
   1.2.2. SA 8000.
   1.2.3. Sustainability Reporting Guidelines.
1.3.La proposta europea sulla responsabilità sociale
1.4. Il progetto Q-Res.
1.5. Conclusioni.

Capitolo II.

Gli strumenti della responsabilità sociale
2.1 Premessa.
2.2 Codici etici.
   2.2.1. Elaborazione del Codice Etico.
   2.2.2. I vantaggi nella redazione di un Codice Etico.
   2.2.3.Rapporto fra codice etico e ordinamento giuridico.
   2.2.4. Esperienze internazionali in materia di codici etici.
   2.2.5. Conclusioni.
2.3. Bilancio sociale.
   2.3.1. Funzioni del Bilancio Sociale.
   2.3.2.Rapporto tra bilancio sociale e bilancio d’esercizio;
   2.3.3. Contenuto del Bilancio Sociale.
   2.3.4. Limiti del Bilancio Sociale.
   2.3.5. Costi e benefici.
   2.3.6. Approcci internazionali al Bilancio Sociale.
   2.3.7. Approcci italiani al Bilancio Sociale.
   2.3.8. Conclusioni.

Capitolo III

Il bilancio sociale delle banche
3.1 Dalla banca tradizionale alla banca impresa.
3.2.Funzione sociale delle banche.
3.3. La responsabilità sociale degli istituti di credito
3.4. Il bilancio sociale delle banche.
   3.4.1.Modello Abi del bilancio sociale.
   3.4.2.Modello di Bilancio Sociale di Federcasse.
3.5.Esperienze italiane in materia di Bilancio Sociale del settore creditizio.
   3.5.1.L’esperienza del Bilancio Sociale di Unicredit Banca.
   3.5.2. Il problema delle banche armate.
   3.5.3.Il bilancio sociale della Monte Paschi di Siena.
   3.5.4.La vicenda My Way e 4You.
   3.5.5.Il bilancio sociale del S. Paolo Imi.
   3.5.6.La vicenda Fondo Azioni Italia.
   3.5.7.Il Bilancio sociale della Banca di Credito Cooperativo di Roma.
3.6. Conclusioni

Capitolo IV

Centralizzazione del credito.
4.1. Premessa.
4.2.La banca universale.
4.3. Le fusioni bancarie.
4.4. Le fondazioni.

Allegati.

Bibliografia.

Torna su



Responsabilità sociale di impresa e workplace

Rendiamo disponibile la tesi del Dott. Dario Muzzarini: "Responsabilità sociale di impresa e workplace", Relatore Prof.ssa P.Gazzola, Università degli Studi dell'Insubria - Corso di Laurea in Economia e Commercio, anno accademico 2003/04.

Introduzione
Negli ultimi anni si sente sempre più spesso parlare di Responsabilità Sociale di Impresa come una tendenza che si sta diffondendo in maniera rapida in un crescente numero di imprese. L’idea che l’impresa abbia delle responsabilità nei confronti della società pare infatti ottenere crescente consenso all’intero della collettività. Tuttavia, la realizzazione di comportamenti responsabili da parte delle imprese trova notevoli difficoltà ad affermarsi, in quanto rimane aperta la questione chiave di come coniugare la CSR con l’attuale logica di mercato che trova il fine dell’agire delle imprese nella massimizzazione dei profitti. Difficilmente un imprenditore, un manager, un’azionista, accetterebbero (o rischierebbero) di modificare le proprie strategie compromettendo la stabilità economica e finanziaria della propria impresa, per diventare socialmente responsabili. Per questa ragione, se si vuole che le imprese recuperino, almeno in parte, la propria funzione sociale bisogna cercare di integrare la visione tradizionale con questo nuovo approccio: occorre in sostanza ricercare i possibili vantaggi economici legati all’adozione di responsabilità sociale per far si che le imprese inizino a considerarla come una possibile leva competitiva. L’obiettivo di questa tesi è proprio questo: individuare possibili benefici legati al concetto di CSR, e in particolare alla sua applicazione all’interno del Workplace, per comprendere se sia effettivamente possibile coniugare responsabilità sociale e performance economica. Questo binomio potrebbe infatti rappresentare una fonte di vantaggio competitivo per le imprese; questo, si vedrà, a condizione che vi sia totale integrazione della CSR nella gestione e nella cultura dell’impresa: solo attraverso la reale condivisione di valori, principi e scelte è possibile sostenere lo sforzo di rendere un’impresa socialmente responsabile con successo e far perdurare tale risultato nel tempo. Nel discutere gli aspetti legati alla Responsabilità sociale di impresa, o Corporate Social Responsibility in inglese (CSR), occorre innanzitutto individuare una definizione efficace del concetto. Tra le numerose proposte, quella maggiormente usata è sicuramente la definizione contenuta nel Libro Verde della Commissione europea, secondo il quale la Responsabilità Sociale di Impresa rappresenta “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”; in questa definizione si sottolinea il carattere volontario della CSR che non dovrebbe essere quindi un comportamento imposto, bensì una libera scelta dell’impresa. Tuttavia questa definizione, come del resto l’intero Libro Verde, rappresenta più che altro un punto di partenza per successive elaborazioni teoriche e un punto di riferimento per le imprese che si affacciano su tale realtà. La definizione più adatta allo sviluppo di questo lavoro, tuttavia, è quella proposta da Molteni, secondo il quale la CSR è la “tensione dell’impresa – e, dunque, in primis dei vertici aziendali – a soddisfare in misura superiore sempre crescente, andando al di là degli obblighi di legge, le legittime attese sociali e ambientali, oltre che economiche, dei vari portatori di interesse (o stakeholder) interni ed esterni, mediante lo svolgimento delle proprie attività”. Per discutere di responsabilità sociale occorre tenere conto di alcune caratteristiche connaturate al concetto di CSR. In primo luogo è necessario distinguere tra Responsabilità Sociale e isolate opere di filantropia: tale distinzione non è sempre chiara e rappresenta spesso un elemento fonte di notevole confusione. Le opere di beneficenza sono infatti da considerare come uno dei tanti possibili comportamenti che rientrano nell’ampio ventaglio rappresentato dalla CSR: se isolata, la filantropia rimane tale. Se inserita in una gestione che annoveri diverse iniziative legate alla CSR allora diventa un comportamento socialmente responsabile: non la si può quindi considerare come sinonimo di Responsabilità Sociale, anche se questa può indubbiamente rappresentare un primo passo verso l’introduzione della CSR nella gestione di impresa. Altro elemento fondamentale è il fatto che il semplice rispetto della legge non rappresenta un comportamento socialmente responsabile, ma anzi dovuto: al limite rappresenta un presupposto che è necessario rispettare per chiunque voglia introdurre la CSR nella gestione dell’impresa. La responsabilità sociale infatti presuppone lo spingersi al di là di quanto previsto dagli obblighi di legge. Un ulteriore aspetto che è necessario considerare è il carattere della volontarietà. Al momento è pacifico ritenere che la scelta di assunzione di Responsabilità Sociale da parte delle imprese dovrebbe rappresentare una libera iniziativa e non un comportamento imposto dalla legge. Questo anche perché le imprese sono diverse tra loro e operano in contesti competitivi, territoriali, legislativi fortemente difformi. Sarebbe quindi impensabile imporre la CSR attraverso disposizioni legislative in quanto queste dovrebbero necessariamente individuare canoni comuni di riferimento, al fine di rendere omogenea la sua applicazione all’interno delle diverse realtà aziendali. La CSR, al contrario, rappresenta per sua natura un’iniziativa strettamente legata al contesto, ai valori aziendali e alla creatività e alle scelte dei manager; non bisogna infatti dimenticare che l’impresa socialmente responsabile deve rispondere alle istanze sociali dei propri stakeholder, che variano appunto in base al contesto e necessitano quindi di risposte ad hoc. La tesi si sviluppa in sei Capitoli che trattano i seguenti argomenti: l’evoluzione del concetto di CSR in letteratura, i mutamenti sociali socio economici in atto, l’analisi dei comportamenti socialmente responsabili delle imprese, la classificazione dei comportamenti in macroaree, l’analisi degli aspetti della CSR in relazione al Workplace e lo studio di un esempio concreto, il caso Granarolo. Nel primo capitolo si prendono in considerazione i principali contributi teorici sulla Responsabilità Sociale di Impresa che è possibile individuare nella letteratura, soprattutto anglosassone, dal 1950 ad oggi. Si è fatto riferimento a differenti visioni che presentavano differenti livelli di accettazione della responsabilità sociale dell’impresa, partendo dalla sua negazione (Friedman) fino alle teorie che giustificano in varie maniere questa “necessità”. In questa maniera è stato possibile elaborare un’architettura teorica sulla base della quale costruire i capitoli successivi ed analizzare i diversi aspetti, più concreti, sull’argomento. L’affermarsi della Responsabilità Sociale di Impresa è strettamente legato ad alcuni mutamenti del contesto sociale ed economico, analizzati nel Capitolo 2, tra i quali possiamo individuare la globalizzazione, il mutamento del ruolo dei consumatori, la crisi dei mercati finanziari, come fenomeni più recenti; nonché questioni presenti da diverso tempo che hanno trovato integrazione nelle problematiche riguardanti la CSR, come ad esempio la questione ecologica. Questo permette i comprendere e giustificare l’adozione della CSR come risposta a mutate esigenze sociali, ma anche economiche. Si prosegue con l’analisi, all’interno del Capitolo 3, dei diversi comportamenti che possono assumere le imprese e delle motivazioni che possono spingerle ad adottare la CSR, dei benefici e dei costi principali ad essa collegati; i vantaggi legati alla CSR sono numerosi, riguardano diversi aspetti della gestione e sono essenzialmente riconducibili a benefici reputazionali e benefici legati al raggiungimento di una maggiore efficienza interna. Occorre sottolineare che tali benefici riguardano principalmente elementi intangibili dell’impresa, quali la reputazione, le conoscenze, il capitale umano e sono rilevanti soprattutto su una scala temporale di medio-lungo termine: in genere chi investe in CSR lo fa per assicurarsi una stabile crescita e una legittimazione sociale che permetta la sopravvivenza dell’impresa nel lungo periodo. Questo capitolo affronta in generale i diversi aspetti legati alla gestione della responsabilità sociale di impresa, permettendo il successivo approfondimento dei possibili comportamenti attuabili dalle imprese. Si considera inoltre un elemento essenziale nelle gestione della CSR, ovvero la comunicazione all’esterno attraverso il Bilancio Sociale, che rappresenta lo strumento ideale per mantenere vivo e attivo il necessario dialogo con gli Stakeholder. I comportamenti socialmente responsabili attraverso cui raggiungere i benefici cui si è fatto cenno possono essere suddivisi attraverso diverse classificazioni: alla scelta del libro verde di distinguere tra dimensione interna ed esterna all’impresa si è preferita la classificazione per macro-aree, proposta da Business in The Community, che rappresenta l’oggetto di studio del capitolo 4. Secondo questo approccio la CSR si divide in quattro aree: marketplace, environment, community, workplace. Delle quattro macroaree previste le prime tre, environment, community, marketplace, vengono analizzate all’interno del capitolo stesso; il workplace viene invece analizzato all’interno del Capitolo 5. A riguardo si è cercato di sottolineare la necessità di una nuova visione delle risorse umane, dando maggiore importanza a elementi quali la motivazione, la soddisfazione e il coinvolgimento delle risorse umane come motore per migliorare il loro rendimento. Si è inoltre cercato di individuare quali fossero i comportamenti principali, gli strumenti (il codice etico) e gli standard (SA8000) adatti allo scopo. Nell’ultimo capitolo si è analizzato nel dettaglio un caso aziendale, Granarolo, che ha permesso di osservare l’applicazione pratica di numerosi concetti discussi nella parte teorica della tesi. In particolare, il caso Granarolo riveste notevole rilevanza perché rappresenta un esempio di integrazione della CSR in ogni aspetto della gestione aziendale. Seguendo la struttura della tesi, si è analizzata la realtà di Granarolo partendo da un inquadramento generale della CSR all’interno dell’azienda, per poi approfondire i diversi comportamenti attuati e in particolare gli aspetti relativi al workplace.

NB. Chi fosse interessato al lavoro, può contattare per ulteriori approfondimenti: info@bilanciosociale.it

INDICE

INTRODUZIONE

CAPITOLO 1
LA RESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESA
1.1 GOVERNANCE D’IMPRESA: EVOLUZIONE E UNA TENDENZA IN ATTO
1.2 IL CONCETTO DI RESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESA NELLA LETTERATURA TEORIE DEGLI ANNI ‘60
1.3 LA MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO
1.4 PREMINENZA DEGLI INTERESSI PARTICOLARI TEORIE DEGLI ANNI ’70
1.5 CARATTERISTICHE DEI COMPORTAMENTI SOCIALMENTE RESPONSABILI
1.6 AMBIENTE DI RIFERIMENTO
1.7 MOTIVAZIONI DELL’IMPRESA
1.8 LE PROCEDURE INTERNE TEORIE DEGLI ANNI ‘80
1.9 TEORIA DEGLI STAKEHOLDER
1.10 LA BUSINESS ETHICS
1.11 CORPORATE SOCIAL PERFORMANCE TEORIE DEGLI ANNI ‘90
1.12 IL CONCETTO DI CSR4
1.13 EVOLUZIONE DELLA RICERCA SULLA CORPORATE SOCIAL PERFORMANCE
1.14 I CASE STUDIES
1.15 ATTUALI TENDENZE NELLA RICERCA SULLA CSR
1.16 LA DEFINIZIONE DI CSR SECONDO IL LIBRO VERDE
1.17 CSR COME GOVERNANCE ALLARGATA D’IMPRESA

CAPITOLO 2
CAMBIAMENTI DEL CONTESTO SOCIALE E IMPATTO SULLA RESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESA
2.1 L’ATTENZIONE DEL MERCATO AI COMPORTAMENTI RESPONSABILI
2.2 GLOBALIZZAZIONE
2.3 PROBLEMA ECOLOGICO
2.4 CRISI DEI MERCATI FINANZIARI
2.5 CONSUMATORE CITTADINO
2.6 PROGRESSO DEI BISOGNI DELLA SOCIETÀ
2.7 LA CRESCITA DELL’INCERTEZZA
2.8 SVILUPPO DEI SISTEMI DI COMUNICAZIONE
2.9 MUTAMENTO DELLA STRUTTURA ORGANIZZATIVA DELLE IMPRESE

CAPITOLO 3
I COMPORTAMENTI SOCIALMENTE RESPONSABILI
3.1 RESPONSABILITÀ SOCIALE E POSSIBILI COMPORTAMENTI DELLE IMPRESE
3.2 IMPOSIZIONE DI VINCOLI LEGISLATIVI
3.3 RAPPORTI TRA IMPRESA E STAKEHOLDER.
3.4 STIMOLI DISINTERESSATAMENTE SOCIALI.
3.5 LE PRATICHE CSR IN GENERALE
3.6 DIVERSI LIVELLI DI IMPEGNO SOCIALE
3.7 COME SI ARTICOLA LA RESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESA
3.8 DIMENSIONE INTERNA E DIMENSIONE ESTERNA DELLA RESPONSABILITÀ SOCIALE 68
3.9 LA CLASSIFICAZIONE PER MACRO AREE
3.10 COSTI E BENEFICI DELLA CSR
3.11 COSTI LEGATI ALLA CSR
3.12 BENEFICI LEGATI ALLA CSR
3.13 L’IMPORTANZA DELLA COMUNICAZIONE
3.14 IL PROCESSO DI STAKEHOLDER REPORTING
3.15 IL BILANCIO SOCIALE
3.16 GBS
3.17 AA1000
3.18 GLOBAL REPORTING INIZIATIVE (GRI)

CAPITOLO 4
LA CLASSIFICAZIONE PER MACRO AREE DELLA CSR
4.1 LE QUATTRO MACRO-AREE
4.2 ENVIRONMENT
4.3 LE INIZIATIVE DI ORGANISMI SOPRANNAZIONALI
4.4 COMPORTAMENTI RESPONSABILI NEI CONFRONTI DELL’AMBIENTE
4.5 SISTEMI DI GESTIONE AMBIENTALE
4.6 ISO14000
4.7 EMAS
4.8 ANALOGIE E DIFFERENZE TRA ISO14000 E EMAS
4.9 COMMUNITY
4.10 LA PARTNERSHIP
4.11 METODOLOGIE DI PARTNERSHIP
4.12 ALTRI COMPORTAMENTI IN FAVORE DELLA COMUNITÀ
4.13 I BENEFICI DELLA PARTNERSHIP CON LA COMUNITÀ
4.14 MARKETPLACE
4.15 WORKPLACE

CAPITOLO 5
IL WORKPLACE
5.1 L’IMPORTANZA DELLA QUARTA MACROAREA DELLA CSR
5.2 LE VARIABILI RELATIVE AL WORKPLACE
5.3 MOTIVAZIONE, COINVOLGIMENTO E SODDISFAZIONE DELLE RISORSE UMANE
5.4 EQUILIBRIO TRA LAVORO E VITA PRIVATA
5.5 DIVERSITÀ E PARI OPPORTUNITÀ
5.6 FORMAZIONE E SVILUPPO
5.7 RELAZIONI SINDACALI
5.8 PARTECIPAZIONE DEI DIPENDENTI ALLE DECISIONI
5.9 SALUTE E SICUREZZA
5.10 DIRITTI UMANI DEI LAVORATORI E MALTRATTAMENTI
5.11 L’IMPATTO DELLA CSR SULL’ORGANIZZAZIONE E SULLA GESTIONE INTERNA DELL’IMPRESA
5.12 LA COMUNICAZIONE INTERNA
5.13 LA CULTURA AZIENDALE
5.14 IL CODICE ETICO
5.15 SA8000
5.16 LE LINEE GUIDA Q-RES: GESTIRE LA QUALITÀ ETICO-SOCIALE
5.17 I VANTAGGI DI UNA GESTIONE RESPONSABILE DEL WORKPLACE

CAPITOLO 6
IL CASO GRANAROLO
6.1 PRESENTAZIONE DEL GRUPPO
6.2 UN MODELLO COMPETITIVO BASATO SUI VALORI
6.3 LA DEFINIZIONE DEI VALORI DI RIFERIMENTO
6.4 I COMPORTAMENTI DI GRANAROLO
6.5 GRANAROLO E WORKPLACE
6.5 REPORTING

CONCLUSIONI

Torna su



La rendicontazione sociale nel non profit. Il caso delle fondazioni di origine bancaria

Rendiamo disponibile la tesi della Dott.ssa Giulia Teresa Franchini: "La rendicontazione sociale nel non profit. Il caso delle fondazioni di origine bancaria", Relatore Prof. Antonio M. Chiesi, Università degli Studi di Trento - Facoltà di Sociologia - Corso di Laurea in Sociologia.

NB. Chi fosse interessato al lavoro, può contattare per ulteriori approfondimenti: info@bilanciosociale.it

INDICE

Introduzione

CAPITOLO PRIMO - L’AZIONE NON PROFIT
1. Il modello di attore
2. Le teorie dell’azione
   2.1 L’azione collettiva
   2.2 L’azione volontaria e gratuita
3. La teoria della scelta razionale e i suoi paradossi
   3.1 Azioni logiche e azioni non logiche
4. L’altruismo come sfida teorica al paradigma della rational choice
   4.1 L’altruismo sociale
     4.1.1 Il paternalismo

CAPITOLO SECONDO - LE IMPRESE NON PROFIT E I PRESUPPOSTI DELL’INDAGINE
1. L’impresa come sistema
2. Il funzionalismo critico di Philip Selznick
3. Le imprese del Terzo settore
   3.1 Le attività non profit
     3.1.1 Teorie economiche dal lato della domanda
     3.1.2 Integrazioni teoriche dal lato dell’offerta

CAPITOLO TERZO - LA RENDICONTAZIONE SOCIALE
1.La responsabilità sociale
2.La pratica di accountability
3. Il dibattito sulla rendicontazione sociale
   3.1 Strumenti di governo e di comunicazione della qualità
   3.2 Rendiconto sociale e rischio di scostamento dagli obiettivi
   3.3 Principi di redazione del bilancio sociale proposti dal GBS
   3.4 Il modello Comunità & Impresa
   3.5 Il modello SocialMetrica
4. Bilancio sociale e modelli di capitalismo

CAPITOLO QUARTO - IL CASO DELLE FONDAZIONI DI ORIGINE BANCARIA ITALIANE
1. Le fondazioni di origine bancaria
2. Il quadro italiano delle Fondazioni
   2.1 Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria
     2.1.1 Il Bilancio di Missione - Esercizio 2001 - della Fondazione Cassa di         Risparmio di Alessandria
     2.1.2 Il Bilancio di Missione - Esercizio 2002 - della Fondazione Cassa di         Risparmio di Alessandria
     2.1.2 a I grandi progetti
     2.1.2 b I progetti propri
   2.2 Fondazione Cariplo
     2.2.1 Il Bilancio Sociale - Esercizio 1998/1999 - della Fondazione Cariplo
     2.2.2 Il Bilancio Sociale - Esercizio 2000 - della Fondazione Cariplo
     2.2.3 Il Bilancio Sociale - Esercizio 2001 - della Fondazione Cariplo
     2.2.4 Il Bilancio Sociale - Esercizio 2002 - della Fondazione Cariplo
   2.3 Fondazione Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona:         la missione
     2.3.1 Il Bilancio di Missione - Esercizio 2001 - della Fondazione Cassa di         Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona
     2.3.1.a I principi guida
     2.3.1.b Assetto istituzionale ed organizzativo: stakeholders interni ed esterni
     2.3.1.c Il Documento Programmatico Previsionale
   2.4 Fondazione Cassa di Risparmio di Cento
     2.4.1 Il Bilancio della Missione Istituzionale - Esercizio 2000 - della Fondazione         Cassa di Risparmio di Cento
     2.4.2 Il Bilancio della Missione Istituzionale - Esercizio 2002 - della Fondazione         Cassa di Risparmio di Cento
   2.5 Fondazione Salernitana Sichelgaita
     2.5.1 Bilancio di Missione della Fondazione Salernitana Sichelgaita Esercizio         2001
   2.6 Il Bilancio di Missione - Esercizio 2002 - della Fondazione Cassa di Risparmio         di Spoleto
   2.7 Fondazione Cassa di Risparmio di Torino
     2.7.1 Il Bilancio sociale - Esercizio 2001 - della Fondazione CRT
     2.7.2 Il Bilancio Sociale - Esercizio 2002 - della Fondazione CRT
   2.8 Fondazione Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone
     2.8.1 Il Bilancio di Missione - Esercizio 2002 - della Fondazione CRUP
   2.9 Fondazione Cassa di Risparmio di Vignola
     2.9.1 Il Bilancio di Missione - Esercizio 1998/1999 - della Fondazione Cassa         di Risparmio di Vignola

Conclusioni

Bibliografia

Sitografia

Torna su



Il ruolo della causa sociale nella costruzione dell’identità di marca. Il caso Monnalisa

Rendiamo disponibile la tesi della Dott.ssa Elisa Menchini laureata nel luglio 2004 in Scienze della comunicazione, indirizzo comunicazione d'impresa: "Il ruolo della causa sociale nella costruzione dell’identità di marca. Il caso Monnalisa", Docente relatore Fabrizio Maria Pini, Controrelatore Marcello Morelli.

Sintesi
Il marketing nel tempo si è adeguato alle variabili socio-economiche del contesto storico, con particolare attenzione alle aspettative ed ai bisogni dei consumatori. Negli ultimi anni, il consumatore ha cambiato il proprio atteggiamento di consumo, diventando più preparato, competente ed esigente. Contemporaneamente anche imprese e mercati hanno cominciato ad interessarsi ad etica e responsabilità sociale. Il brand marketing ha deciso di seguire questa tendenza, costruendo brand sempre più vicini ai valori dei consumatori: le “soul brand”. Acquistando una soul brand il consumatore comunica la propria identità sociale. Con sorpresa si osserva la disponibilità dei consumatori, preoccupati per i problemi dell’umanità, a collaborare con le imprese per sopperire a certe mancanze istituzionali, principalmente in tema di sviluppo sociale. Il consumatore è disposto a pagare di più per i brand che si dedicano a cause sociali, rinunciando così ad istanze individualiste per contribuire a problemi sociali che possono anche non riguardarlo direttamente.
Sulla scia di questa ritrovata “solidarietà”, si inserisce il Cause-Related Marketing, strategia che consiste nell’associare un brand ad una causa sociale. Il Cause-Related Marketing ha fatto la sua comparsa nel 1983, quando la American Express, lanciò una campagna di raccolta fondi per il restauro della Statua della Libertà. La raccolta avvenne tramite l’utilizzo della carta di credito: per ogni acquisto con la sua carta l’American Express donava un cent alla causa.
In Italia il CRM è ancora una strategia di marketing poco utilizzata, soprattutto perché le imprese italiane, in maggioranza di piccole e medie dimensioni, sono caratterizzate da un atteggiamento di cautela nei confronti di attività di marketing i cui risultati siano difficilmente monitorabili. Quelle imprese che invece hanno già ricorso alla causa sociale per costruire l’identità del proprio brand, hanno facilmente compreso la potenza di questo strumento.
Monnalisa, azienda aretina che produce abbigliamento per bambini di fascia medio-alta, ha deciso di puntare sulla causa sociale per ottenere un miglior posizionamento a livello locale. Vedrà così la luce un nuovo brand, “Monnalisa For Children”: una Fondazione Operativa Regionale, dedicata a soddisfare i bisogni dei bambini e delle loro famiglie. Con Monnalisa For Children, l’azienda concretizza quei valori che da sempre condivide con i propri clienti.

NB. Chi fosse interessato al lavoro, può contattare per ulteriori approfondimenti: info@bilanciosociale.it

INTRODUZIONE

Capitolo I
IL BRAND

1.1 Origine e sviluppo del concetto di marca
1.2 Gli elementi costitutivi della marca
   1.2.1 Brand Identity
   1.2.2 Brand Image
   1.2.3 Brand Equity
   1.2.4 Brand Value
   1.2.5 Brand Drivers
1.3 Potenziare il brand
   1.3.1 La Brand Report Card
1.4 L’evoluzione del brand: il modello Goodyear

Capitolo II
I CONSUMATORI E LA CAUSA SOCIALE

2.1 I cambiamenti nelle aspettative del consumatore
2.2 Il consumatore responsabile
   2.2.1 Marchi ed etichette sociali
   2.2.2 Il consumo equo e solidale
   2.2.3 Il boicottaggio
2.3 I consumatori e l’acquisto di prodotti legati a cause sociali
   2.3.1 I consumatori italiani e il Cause-Related Marketing
   2.3.2 Le cause che stanno più a cuore agli italiani

Capitolo III
IL CAUSE-RELATED MARKETING

3.1 Cos’è il Cause-Related Marketing
3.2 Gli attori coinvolti
3.3 Quali vantaggi per l’impresa
3.4 Le diverse tipologie di CRM
   3.4.1 Il meccanismo della donazione
3.5 Come si realizza una campagna di CRM
   3.5.1 Le fasi procedurali
   3.5.2 Scegliere la causa
   3.5.3 Selezionare la no-profit
   3.5.4 I valori di base della partnership
   3.5.5 Il ciclo di vita delle cause sociali
   3.5.6 Monitoraggio e valutazione dei risultati
3.6 Il CRM in Italia » 97 3.6.1 Il futuro del CRM secondo le imprese italiane

Capitolo IV
IL CASO MONNALISA

4.1 Company profile
   4.1.1 Struttura produttiva e linee di prodotto
   4.1.2 Canali distributivi
   4.1.3 Performance economica e bilancio sociale
   4.1.4 Vision e Mission
   4.1.5 Percorso sociale
     4.1.5.1 Certificazione Sa8000
     4.1.5.2 Politiche per gli stakeholders
     4.1.5.3 Attività di sponsorizzazione
4.2 Monnalisa For Children
   4.2.1 I competitors
   4.2.2 Analisi dello scenario toscano
   4.2.3 Analisi SWOT
     4.2.3.1 Monnalisa SPA
     4.2.3.2 Monnalisa For Children
   4.2.4 Un caso di CRM atipico
   4.2.5 I valori di Monnalisa For Children
4.3 La Fondazione Monnalisa For Children: “Vestire l’infanzia di valori”
   4.3.1 L’asilo nido aziendale
     4.3.1.1 Struttura e attività
     4.3.1.2 Costi e opportunità di finanziamento.
   4.3.2 Il Village For Children: “Far vivere i diritti ai bambini”
     4.3.2.1 Struttura e attività
     4.3.2.2 Stakeholders e finanziamenti
4.4 Comunicare la fondazione
4.5 Risultati attesi

CONCLUSIONI

Bibliografia

Sitografia

Torna su



I bilanci sociali e ambientali nelle società quotate

Rendiamo disponibile la tesi della Dott.ssa Valentina Lafiandra: "I bilanci sociali e ambientali nelle società quotate", Relatore Prof. Pierre Di Toro, Università degli Studi della Tuscia - Viterbo - Facoltà di Economia, anno 2004.

Descrizione dell'argomento
Con il presente lavoro si sono analizzati i bilanci sociali ed ambientali redatti dalle società quotate in Borsa.
Punto di partenza dello studio è stata l’individuazione delle imprese che realizzano tali documenti. Le società sono state distinte in base al settore di appartenenza, prendendo come arco temporale di riferimento il triennio 2000-2002, visto che il moltiplicarsi delle esperienze pratiche si è avuto proprio in tale periodo.
In alcuni settori la concentrazione degli strumenti di rendicontazione socio-ambientale è risultata essere maggiore che in altri; il riferimento mira in particolare al settore bancario e a quello dei servizi di pubblica utilità. Va evidenziata la differenza tra le Banche, che realizzano principalmente bilanci sociali e le società appartenenti al panorama delle Utilities, che pubblicano per lo più bilanci ambientali.
L’attenzione è stata pertanto focalizzata su tali settori.
Per il settore creditizio si sono analizzati i casi della BNL, della BANCA ETRURIA, del MONTE DEI PASCHI DI SIENA e di UNICREDITO.
Si è proceduto individuando la struttura e i contenuti di ciascun documento in modo tale da poter effettuare delle valutazioni sulla base di due elementi principali:
• l’evoluzione dei bilanci nel corso degli anni, per comprendere come sono cambiati;
• il confronto con il modello proposto dall’ABI.
Per quanto riguarda il settore dei servizi di pubblica utilità, sono stati analizzati i bilanci ambientali realizzati dalle società EDISON, ENEL e SNAM RETE GAS.
La procedura di analisi è stata analoga a quella utilizzata per il settore creditizio. Di aiuto nello studio dei documenti è stato il riferimento alle Linee Guida del Forum Rapporti Ambientali della Fondazione Eni Enrico Mattei.
Il Lavoro ha permesso di giungere ad alcune considerazioni sullo stato attuale dell’attività di rendicontazione sociale ed ambientale in Italia.

NB. Chi fosse interessato al lavoro, può contattare per ulteriori approfondimenti: info@bilanciosociale.it

Indice

CAPITOLO PRIMO
DEFINIZIONE ED EVOLUZIONE DEI BILANCI SOCIALI E AMBIENTALI

1.1. Introduzione
1.2. Stakeholders
1.3. Il bilancio sociale
1.4. Esperienze internazionali
1.5. Evoluzione storica in Italia
1.6. Fasi generali nella redazione del bilancio sociale
1.7. Il bilancio ambientale

CAPITOLO SECONDO
BILANCI SOCIALI E AMBIENTALI: CONTENUTI E DISTINZIONI

2.1. Metodologie per la redazione del bilancio sociale
  2.1.1. Il Valore aggiunto
  2.1.2. Il conto del surplus
  2.1.3. L’analisi costi-benefici
2.2. Relazioni tra bilancio sociale e bilancio
2.3. Bilanci e Rapporti
2.4. Terminologie e contenuti
2.5. L’esperienza delle società quotate

CAPITOLO TERZO
IL SETTORE BANCARIO

3.1. Bilanci sociali e Banche
3.2. Il Modello proposto dall’ABI
3.3. La Banca Nazionale del Lavoro
  3.3.1. Il Bilancio della Responsabilità Sociale
  3.3.2. Considerazioni sul documento
3.4. La Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio
  3.4.1. Il Bilancio Sociale
  3.4.2. Considerazioni sul documento
3.5. Il Monte dei Paschi di Siena
  3.5.1. Il Bilancio Socio-Ambientale
  3.5.3. Considerazioni sul documento
3.6. UniCredito Italiano
  3.6.1. Il Bilancio Sociale Ambientale
  3.6.2. Considerazioni sul documento
  3.6.3. La Dichiarazione Ambientale
3.7. Bilanci Sociali a confronto

CAPITOLO QUARTO
IL SETTORE DEI SERVIZI DI PUBBLICA UTILITÀ

4.1. Servizi di Pubblica Utilità e Bilanci
4.2. Le linee guida del Forum Rapporti Ambientali
4.3. Edison
  4.3.1. Il Rendiconto Ambientale e della Sicurezza
  4.3.2. Considerazioni sul documento
4.4. Enel
  4.4.1. Il Rapporto Ambientale
  4.4.2. Considerazioni sul documento
4.5. Snam Rete Gas
  4.5.1. Il Rapporto Salute Sicurezza Ambiente
  4.5.2. Considerazioni sul documento
4.6. Bilanci a confronto

Considerazioni conclusive

BIBLIOGRAFIA

Torna su



Il Bilancio Sociale negli Enti Pubblici

Rendiamo disponibile la tesi del Dottor Raffaele Esposito Amarante: "Il Bilancio Sociale negli Enti Pubblici", Relatore il Prof. Tiziano Onesti, terza università di Roma, Facoltà in Scienze dell'Amministrazione pubblica specializzazione in comunicazione politica e istituzionale.

Sintesi
Questo lavoro è stato il frutto di ricerche in un campo dove molti hanno apportato dei contributi, che però molte volte sono profondamente diversi l’uno dall’altro. Rintracciando un filo conduttore dei vari autori abbiamo cercato di razionalizzare la materia, anche grazie l’ausilio delle sempre crescenti esperienze che si stanno registrando, offrendo un modello che sia la base per un bilancio sociale negli enti pubblici. Siamo partiti dal bisogno che l’ambiente sociale ha di questo strumento, infatti sia attraverso disposizioni legislative, sia attraverso l’opinione pubblica si domanda sempre di più in termini di trasparenza e migliore comunicazione. Inoltre il bilancio sociale può essere un “antidoto” verso la sempre maggiore insofferenza verso le istituzioni, infatti attraverso questo i stakeholder possono partecipare alla “vita” amministrativa dell’ente a cui rivolgono un qualsiasi interesse. Il modello GBS da cui siamo partiti è ottimo per capire come il bilancio si deve articolare ma chiaramente deve essere riadattato per il settore pubblico. Nel modello per gli enti pubblici si dovranno enunciare per primo identità dell’ente, valori di riferimento e situazione economico finanziaria (grazie alla connessione con gli altri documenti contabili che obbligatoriamente devono esere redatti). Abbiamo auspicato come il sistema valoriale non debba essere legato solo al programma di mandato dei partiti vincitori ma deve essere legato allo statuto o ai regolamenti degli enti, così da divenire un punto di riferimento di tutte le attività che vengono poste in essere. Punti nodali della sezione centrale sono il processo logico che porta all’elaborazione del documento ,rappresentato da quella catena di senso che avvia il nostro processo di rendicontazione. Ma punto fondamentale è la definizione del valore aggiunto, un termine e un concetto che non fanno parte della tradizione amministrativa pubblica. In riferimento a ciò abbiamo cercato di dare un significato a questo ponendolo in collegamento con le spese che vengono affrontate per soddisfare i bisogni dei cittadini ,raggruppati in settori. Ogni attività dell’ente crea una relazione di vario genere con soggetti pubblici o privati collettivi e individuali, questi soggetti sono stati definiti stakeholder. Il concetto dello stakeholder è stato mutuato dalla dottrina sociologica applicata in campo organizzativo, con un esplicito riferimento alle teorie modernistiche. Di seguito abbiamo offerto esperienze “sul campo” di bilanci sociali prendendo in esame gli enti locali che offrono gli esempi più diversi e sicuramente più consistenti da un punto di vista accademico, nella scelta abbiamo dovuto restringere di molto il campo di osservazione dato l’elevato numero di bilanci sociali redatti per altre finalità . Per ultimo abbiamo visto come la relazione sociale può avviare un circuito virtuoso di programmazione “sociale” dove appunto i stakeholder valutano il bilancio e apportano nuove istanze all’Amministrazione. Bilancio sociale dunque come strumento di partecipazione attiva, come strumento di democrazia diretta . Che futuro per questo documento? Sicuramente vista la sempre maggiore attenzione che gli enti rivolgono ad esso (soprattutto quelli locali) questo strumento troverà una connotazione propria così che possa essere applicata nel settore pubblico. Conclusa questa prima fase di rodaggio e definizione dello strumento si dovrà dare una previsone normativa,così che gli enti diventino più responsabili verso i propri stakeholder (cittadini) e attuino una politica tesa alla partecipazione e alla trasparente comunicazione delle attività svolte. La previsione normativa deve cercare di dare un senso all’introduzione del bilancio sociale visto il già elevato numero di documenti contabili che gli enti predispongono, non deve quindi essere una forzatura ma un indirizzo naturale che tutti gli enti devono prendere.

NB. Chi fosse interessato al lavoro, può contattare per ulteriori approfondimenti: info@bilanciosociale.it

Indice

CAPITOLO I: INTRODUZIONE
• Le finalità del bilancio sociale
• Analisi normativa e dottrinaria
• Obiettivi della ricerca
• Conclusioni

CAPITOLO II : IL BILANCIO SOCIALE NEGLI ENTI PUBBLICI: UN MODELLO
• IL BILANCIO SOCIALE NEL SETTORE PRIVATO (GBS)
• IL BILANCIO SOCIALE NEL SETTORE PUBBLICO

CAPITOLO III: QUESTIONI IN VIA DI DEFINIZIONE CONNESSE AL BILANCIO SOCIALE NEGLI ENTI PUBBLICI
• Come definire il valore aggiunto negli enti pubblici
• Quali settori rendicontare? Quali stakeholder?

CAPITOLO IV: ALTRI “STRUMENTI” SOCIALI
IL BILANCIO PARTECIPATIVO
IL BILANCIO DI MANDATO

BREVE RASSEGNA DEGLI ALTRI STRUMENTI “SOCIALI”
BILANCIO AMBIENTALE
BILANCIO DI SOSTENIBILITA’
IL BILANCIO DI GENERE
AGENDA 21 LOCALE

CAPITOLO V: ESPERIENZE:IL BILANCIO SOCIALE NEGLI ENTI LOCALI
• Perché un ente locale?
1° CASO:IL COMUNE DI CANALE MONTERANO
2° CASO:LA PROVINCIA DI PARMA

CAPITOLO VI : CONCLUSIONI

Torna su



La responsabilità sociale nell’ambito delle strategie aziendali. Il caso CaliaItalia s.p.a

Rendiamo disponibile la tesi della Dott.ssa Grazia Panaro: "La responsabilità sociale nell’ambito delle strategie aziendali. Il caso CaliaItalia s.p.a", Relatore il Prof. Umberto Bertini, Università di Pisa, Facoltà di Economia, Corso di Laurea in Economia Aziendale, Dipartimento di Economia Aziendale "E. Giannessi"

Introduzione
Il tema della responsabilità sociale d’impresa, negli ultimi anni è emerso come uno degli ambiti di riflessione più importanti nello studio del rapporto tra impresa e società. Il dibattito in corso ha coinvolto non solo il mondo accademico, ma l’intera comunità sociale e tutti i soggetti che la compongono: le stesse imprese, le ONG, le istituzioni nazionali ed internazionali, le associazioni dei consumatori, i sindacati, investitori e gli altri attori della società civile. Il presupposto del dibattito in corso è che l’impresa non sia solo uno strumento tecnico e produttivo atto a generare profitti, ma un soggetto consapevole e partecipe dell’ambiente economico e sociale. In una simile prospettiva, nella valutazione dell’attività d’impresa affiorano fattori di natura diversa, legati al comportamento etico-sociale della stessa, che vanno oltre l’analisi delle performance economiche ed industriali in senso stretto. Il dibattito in corso ha creato una progressiva sensibilizzazione della cultura imprenditoriale rispetto ai temi dell’ambiente, della sicurezza dei luoghi di lavoro e dei diritti dei lavoratori, delle tematiche sociali, nel senso più ampio del termine, fino al punto da spingere verso una considerazione sempre più esplicita di tali aspetti, tanto che, sempre più spesso, le tematiche socio-ambientali sono considerate come un’opportunità di business, un’occasione per creare delle competenze distintive così da superare il precedente concetto di vincolo e da sostituirlo con quello di variabile. L’obiettivo auspicabile e che un numero sempre maggiore d’aziende adotti l’approccio orientato al conseguimento dell’equilibrio fra le tre dimensioni (economico, sociale, ambientale), assumendo una visione strategica di lungo periodo che soddisfa le istanze dei vari stakeholder senza compromettere il risultato economico e la solidità finanziaria dell’impresa, conciliando la socialità con l’economicità. A fianco di questa nuova consapevolezza si trovano, parallelamente, delle rinnovate attese da parte dei consumatori, della comunità locale, delle pubbliche istituzioni, degli investitori, dei dipendenti. Tutti questi interlocutori dell’impresa, che nel corso del presente lavoro verranno soventemente chiamati stakeholder, negli ultimi anni sono diventati consapevoli di essere di importanza vitale per l’impresa, verso la quale non ricoprono più il ruolo passivo di un tempo, bensì devono svolgere una funzione di stimolo a migliorare i prodotti e i servizi offerti secondo l’ottica della sostenibilità, oltre che ad esercitare il diritto di essere informati al meglio sulle attività che l’impresa svolge per migliorare la qualità della vita. Queste considerazioni denotano che lo scenario competitivo in cui le aziende si trovano ad operare ha subito, in tempi brevi, profonde trasformazioni divenendo sempre più complesso, turbolento e dinamico; i cambiamenti non sono più fenomeni transitori, ma una realtà costante con cui confrontarsi quotidianamente. Le cause di tale complessità sono da ricercarsi in differenti fattori quali: la globalizzazione dei mercati; l’evoluzione tecnologica che consente metodi di lavorazione sempre più innovativi ed efficienti e, allo stesso tempo di far circolare in maniera più rapida informazioni circa l’attività delle aziende in qualsiasi posto esse operino; i fenomeni di stabilità politica e finanziaria; i continui mutamenti socio-culturali che si manifestano attraverso la domanda di nuovi prodotti e servizi sempre più personalizzati e con elevati standard qualitativi, e di nuove informazioni che non si limitano alla dimensione economica, ma vanno oltre e indagano nella natura più intima dell’azienda, la sua anima, la sua cultura, le sue motivazioni più profonde che la spingono ad agire e ad assumere un determinato comportamento nei confronti dell’ampia gamma di stakeholder di riferimento. In questo clima l’emergere di aspettative crescenti di impegno e responsabilità in seno al sistema produttivo, rappresenta un processo irreversibile con il quale le imprese sono chiamate rapidamente a confrontarsi con strumenti adeguati. Il presente lavoro ha lo scopo di affrontare le problematiche connesse al nuovo ruolo che l’azienda assume in una società così dinamica, e gli strumenti che possono essere utilizzati per gestire questa nuova sfida dimostrando che è possibile conseguire la socialità senza compromettere, anzi contribuendo, al conseguimento dell’equilibrio economico durevole. Il primo capitolo, nella parte iniziale, approfondisce il concetto di responsabilità sociale d’impresa attraverso l’esame della dottrina economico aziendale italiana e internazionale, e l’analisi dei cambiamenti sociali e normativi che hanno coinvolto il mondo economico italiano ed europeo con la pubblicazione del Libro Verde e l’emanazione degli standard internazionali. Nel secondo paragrafo sono approfondite le implicazioni dell’etica aziendale e del concetto di cittadinanza d’impresa, si esaminano le fasi di elaborazione del codice etico d’impresa come strumento in grado di formalizzare i principi cui azienda s’ispira nell’effettuare le proprie scelte. Il terzo paragrafo, partendo dal concetto di stakeholder, analizzato sia dal punto di vista concettuale che nelle sue possibili classificazioni, affronta il tema della gestione del rapporto con gli stakeholder ai fini della legittimazione e del consenso, individuando nel contratto sociale il criterio di bilanciamento tra gli interessi divergenti. Il quarto paragrafo passa in rassegna le motivazioni del comportamento responsabile, individua, in primis, il ruolo della cultura aziendale e dei livelli di eticità e socialità ad essa associabile, poi approfondisce l’evoluzione, nel contesto italiano, del consumatore responsabile, dell’investitore etico e delle risorse umane, indicati come i driver principali della responsabilità sociali, etica ed ambientale. Il secondo capitolo affronta il tema delle strategie sociali, sul piano concettuale, evidenziando le implicazioni organizzative e gestionali. Il secondo paragrafo è dedicato ai modelli di gestione e agli standard che le imprese socialmente responsabili possono implementare in ottica di gestione integrata dei diversi aspetti della responsabilità sociale. Il terzo paragrafo analizza i benefici che derivano, da un approccio strategico ed integrato alla responsabilità sociale, sia per l’impresa che per la società. Il quarto paragrafo affronta il tema della comunicazione dell’impegno sociale approfondendo lo strumento del bilancio sociale e del marketing sociale. L’ultimo capitolo riporta l’esperienza della CaliaItalia, che ha affermato, nel distretto del salotto, la leadership etica oltre che economica. Dopo i primi cenni sul profilo storico del distretto e dell’azienda, il capitolo descrive l’impegno sociale, coordinato dalla sessione dedicata CaliaCultura, in particolare nei confronti delle risorse umane e della comunità locale. Si descrivono in modo particolareggiato quattro progetti di spiccata valenza sociale realizzati, coinvolgendo le risorse umane, in partnership con le istituzioni pubbliche, la collettività, le organizzazioni non governative e altre aziende che dimostrano ampliamente che non c’è trade off tra socialità ed economicità. Infine si riportano in maniera sintetica i risultati dei due questionari, sottoposti uno ad un campione trasversale dei dipendenti, l’altro ai manager, per valutare la percezione che le risorse umane hanno dell’impegno sociale Calia, il grado di conoscenza e coinvolgimento nei progetti attuati e il loro grado di sensibilità sociale.

NB. Chi fosse interessato al lavoro, può contattare per ulteriori approfondimenti: info@bilanciosociale.it

Indice

Introduzione

Capitolo 1 La responsabilità sociale d’impresa

1.1 Il concetto di responsabilità sociale ed evoluzione nel tempo
  1.1.1 L’impresa e i cambiamenti del contesto ambientale
  1.1.2 L’approccio del sistema economico italiano alla RSI
  1.1.3 I presupposti teorici alla RSI negli studi economico-aziendali: economicità e socialità
  1.1.4 L’approccio dell’UE alla RSI
  1.1.5 La normativa sulla gestione etica
    1.1.5.1 Legislazione nazionale e l’etica aziendale
  1.1.6 L’approccio internazionale alla RSI
    1.1.6.1 Il Global Compact. La responsabilità sociale delle imprese secondo l'ONU
    1.1.6.2 Il “Piano d’Azione” di Johannesburg

1.2 Etica e impresa
  1.2.1. Le visioni dell’etica
  1.2.2 L’etica aziendale
  1.2.3 La Corporate Social Responsibility
  1.2.4 La Cittadinanza d’impresa
  1.2.5 Le Piccole e Medie Imprese e la Responsabilità Sociale
    1.2.5.1 Le Pmi italiane e la RSI
  1.2.6 I Codici Etici
    1.2.6.1 La nascita e diffusione codici etici
    1.2.6.2 Le caratteristiche del codice etico aziendale
    1.2.6.3 Le motivazioni all’adozione di un codice etico
    1.2.6.4. L'elaborazione del codice etico

1.3 La stakeholder theory
  1.3.1. Il concetto di stakeholder
  1.3.2 L’individuazione degli stakeholder
  1.3.3 La gestione del rapporto con gli stakeholder
  1.3.4 Il contratto sociale
  1.3.5 La legittimazione sociale

1.4 I driver della responsabilità sociale
  1.4.1 La Cultura aziendale
  1.4.2 I livelli di coscienza etica
  1.4.3 Il consumatore socialmente responsabile
  1.4.4 L’investitore etico
  1.4.5 Le risorse umane

Capitolo 2 Le strategie sociali nel governo dell’impresa

2.1 Le strategie sociali
  2.1.1 I driver delle strategie sociali
  2.1.2 Il concetto di strategia sociale
  2.1.3 Il processo di elaborazione delle strategie sociali
  2.1.4 La classificazione delle strategie sociali

2.2 La gestione della responsabilità sociale
  2.2.1 I principali modelli di gestione della RSI
    2.2.1.1 Il modello PDCA
    2.2.1.2 Il modello Q-Res
  2.2.2 Il Sistema di Gestione Integrato
    2.2.2.1. Gli standard ambientali: Iso 14000 e Emas
    2.2.2.2 La Qualità: Vision 2000
    2.2.2.3 La Responsabilità etico-sociale: Sa 8000
    2.2.2.4 La Salute e Sicurezza: OHSAS 18001
    2.2.2.5 Lo standard AA1000

2.3 I benefici per l’impresa socialmente responsabile
  2.2.1 Responsabilità sociale e performance aziendali

2.4 La comunicazione dell’impegno sociale
  2.4.1 Un modello di comunicazione per la RSI
  2.4.2 La comunicazione interna
  2.4.3 Il bilancio sociale
  2.4.4 Il Marketing sociale
  2.4.4.1 Il marketing sociale in Italia

Capitolo 3 La CaliaItalia S.p.A.

3.1 Il distretto del Salotto
  3.1.1 La storia del distretto
  3.1.2 Il ciclo evolutivo del distretto
3.2 Il Gruppo Calia: la storia
3.3 Le attività del gruppo Calia
3.4 L’impegno sociale Calia: le strategie sociali
  3.4.1 La sezione CaliaCultura
  3.4.2 Le Risorse Umane
3.5 I progetti sociali
  3.5.1 AIRC Azienda Attiva
  3.5.2 Ricami di pietra
  3.5.3 Calia for Humanity
  3.5.4 Collezioni in azienda: Corporarte
3.6 L’impegno sociale futuro
3.7 I risultati dell’indagine

Conclusioni

Appendice
Allegato 1
Allegato 2

Siglario

Bibliografia

Torna su



"Il bilancio di sostenibilità: il caso Granarolo"

Rendiamo disponibile la tesi della Dott.ssa Claudia Farina: "Il bilancio di sostenibilità: il caso Granarolo", Diploma di laurea in Economia e Amministrazione delle imprese, conseguito il 18/03/04 presso la facoltà di Economia e Commercio di Genova.

Introduzione
Indipendentemente dalla loro dimensione, tutte le aziende instaurano con l'ambiente che le circonda una serie di rapporti caratterizzati da elevati gradi di complessità. Oggi, sebbene il profitto rimanga l'obiettivo principale da persegui-re, il management tiene in forte considerazione tutte le interazioni che coinvol-gono l'azienda, la quale non si limita più, come un tempo, ad occuparsi esclusi-vamente dell'aspetto quantitativo e qualitativo dei prodotti offerti. Nel primo capitolo del presente lavoro si analizzano i principali fattori che hanno mutato il modo di concepire i valori portanti dell'impresa: fra questi emergono le crisi economiche, i disastri ecologici e ambientali, la forte concor-renza che interessa trasversalmente tutti i settori dell'industria e l'incertezza ri-guardante il futuro di ogni attività imprenditoriale. In questi ultimi decenni, come noto, i vertici decisionali aziendali hanno iniziato a comprendere e gestire le complesse dinamiche che caratterizzano il rapporto con l'ambiente; in particolare si è dimostrato interesse crescente verso le richieste dei diversi interlocutori sociali. Questo comportamento responsabile (o social accountability), è frutto del-la nuova consapevolezza che obiettivi economici e sociali possono non solo con-vivere, ma addirittura consentire il raggiungimento di traguardi economici più favorevoli. In tale ambito si identificano inoltre le rinnovate attese da parte dei consumatori, della comunità locale, delle pubbliche istituzioni, degli investitori; tutti questi interlocutori aziendali, i cosiddetti stakeholder, negli ultimi anni han-no maturato la consapevolezza di essere d'importanza vitale per il raggiungi-mento degli equilibri aziendali. La risposta del management alla crescente do-manda di informazione ha dato origine a nuovi strumenti di reporting quali: "bi-lancio sullo sviluppo sostenibile", "bilancio sociale", "codice etico", "bilancio ambientale". La nuova esigenza di coniugare la dimensione dell'economicità con quel-la della socialità, pone l'impresa di fronte alla necessità di trovare un metodo per rendere visibile il nuovo orientamento etico. In mancanza di una normativa che disciplini la materia sono stati creati modelli e linee guida nazionali e inter-nazionali che cercano di standardizzare la rendicontazione socio-ambientale per rendere possibile un confronto di tali documenti nel tempo e nello spazio. Nel secondo capitolo si affronta l'importanza di comunicare i risultati dell'agire tramite comportamenti socialmente corretti, nella consapevolezza che il bilancio sociale non è l'unico strumento utilizzabile a tal fine. Per aumentare la notorietà e l'immagine del proprio marchio e prodotto, il mondo dell'impresa si avvicina a cause di ordine sociale, adotta codici etici di condotta, promuove iniziative di raccolta fondi da destinare ai paesi del terzo mondo. Parallelamente ad un consumatore più responsabile l'azienda sembra divenire più altruista. Nel terzo capitolo si esaminano le origini e il ruolo della rendicontazione integrativa, vengono mostrati alcuni modelli di bilancio sociale, descritte le sue funzioni, i suoi destinatari, vengono inoltre presentate delle linee guida per la redazione di rapporti ambientali sviluppate dalla Fondazione ENI Enrico Mattei e infine, viene illustrata la più recente e completa iniziativa di standardizzazione dei report di sostenibilità promossa dal Global Reporting Iniziative. Infine, il quarto capitolo espone il caso aziendale di Granarolo S.p.A per evidenziare come i diversi modelli di rendicontazione siano stati utilizzati in una realtà imprenditoriale. L'attenzione verrà posta in particolare sui seguenti aspetti: profilo e modello di business del Gruppo Granarolo, il suo approccio alla CSR, il ruolo della rendicontazione socio-ambientale nella politica di CSR, l'analisi del bilancio di sostenibilità 2002.

NB. Chi fosse interessato al lavoro, può contattare per ulteriori approfondimenti: info@bilanciosociale.it

INDICE

INTRODUZIONE

CAPITOLO 1
L'AFFERMAZIONE DELLA CSR COME STRUMENTO DI COMPETITIVITA' TRA LE AZIENDE

1.1 IL MUTAMENTO DELLO SCENARIO SOCIO-ECONOMICO CONNESSO ALLA GLOBALIZZAZIONE
1.2 LA NASCITA DELLA RESPONSABILITA' SOCIALE QUALE "LICENSE TO OPERATE"
1.3 L'EVOLUZIONE DEI CRITERI DECISIONALI DI SCELTA DEI MERCATI E L'AFFERMAZIONE DELLA CSR
1.4 L'ISTITUZIONALIZZAZIONE DELLA CSR: IL LIBRO VERDE

CAPITOLO 2
CSR TOOLS: DALLA CORPORATE PHILANTROPY AL CAUSE RELATED MARKETING

2.1 LE COMMUNITY RELATIONS ALL'ORIGINE DEL SOCIAL ACCOUNTING.

2.2 VISION, VALORI E CODICI ETICI.

2.3 LA RENDICONTAZIONE SOCIALE
2.3.1. La teoria degli stakeholder
2.3.2 Il legame tra il concetto di stakeholder e il bilancio sociale

2.4 LE PARTNERSHIP TRA AZIENDA E NON PROFIT: SPONSORIZZAZIONI, DONAZIONI E CAUSE RELATED MARKETING

CAPITOLO 3
GLI STRUMENTI DI RENDICONTAZIONE SOCIO-AMBIENTALE

3.1 LE ORIGINI E IL RUOLO DELLA RENDICONTAZIONE SOCIO-AMBIENTALE

3.2 IL BILANCIO SOCIALE
3.2.1 Le funzioni del Bilancio Sociale
3.2.2 I destinatari del bilancio sociale
3.2.3. Le finalità e le tipologie del bilancio sociale
3.2.4. Le modalità di redazione e i modelli del bilancio sociale
3.2.5. La struttura del bilancio sociale

3.3 IL BILANCIO AMBIENTALE
3.3.1 La struttura

3.4 VERSO IL BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ

3.5 LA DIFFUSIONE DELLA RENDICONTAZIONE SOCIO-AMBIENTALE TRA LE AZIENDE ITALIANE
3.5.1. Il ruolo delle tematiche etico, sociali e ambientali
3.5.2. La diffusione della comunicazione etico, sociale e ambientale
3.5.3. Le tematiche affrontate nella comunicazione
3.5.4. La diffusione di pubblicazioni di rapporti periodici sull'attività di impresa in campo ambientale e sociale
3.5.5. Soluzioni organizzative adottate per la gestione della comunicazione etico, sociale e ambientale
3.5.6. Presenza/diffusione di prodotti servizi con connotazioni ambientali ed etico-sociali

CAPITOLO 4
IL CASO GRANAROLO: IL BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ COME STRUMENTO DI MANAGEMENT STRATEGICO

4.1. PROFILO DEL GRUPPO GRANAROLO
4.2. MODELLO DI BUSINESS E COMPETENZE DISTINTIVE
4.3. GLI ELEMENTI FONDATIVI DELLA CULTURA AZIENDALE
4.4 L'APPROCCIO DI GRANAROLO ALLA CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY
4.5. EVOLUZIONE DELLA RENDICONTAZIONE INTEGRATIVA IN GRANAROLO
4.6. ANALISI DEL BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ 2002 DI GRANAROLO

BIBLIOGRAFIA CITATA E CONSULTATA
LIBRI
ARTICOLI TRATTI DA RIVISTE E DISPENSE
EDITORIA ELETTRONICA
ALTRI SITI INTERNET CONSULTATI

Torna su



"Il Bilancio Sociale come strumento di comunicazione nell'esperienza delle banche italiane"

Rendiamo disponibile la tesi della Dott.ssa Gennari Morena: "Responsabilità Sociale d'Azienda profit: un esempio di Sponsorizzazione Sociale" relatore il Prof. Valerio Melandri, Corso di Laurea in Economia delle Imprese Cooperative e delle Organizzazioni Non profit, Facoltà di Economia sede di Forlì.

Introduzione
L'interesse per il tema della responsabilità sociale d'azienda è sorto frequentando il corso di Laurea delle Imprese cooperative e Organizzazioni non profit, accresciuto, nell'arco di questi anni, dall'esperienza di tirocinio svolta presso A.I.C.CO.N. e The Fund Raising School, e dalle importanti iniziative nate presso la stessa Facoltà di Economia, quali il Centro Studi Philanthropy, presieduto dal Prof. Valerio Melandri. Ciò che più mi ha colpito è stata la riflessione, da me pienamente condivisa, che, oggi, "a farsi carico" del benessere collettivo, non debbano essere chiamati soltanto gli organi istituzionali deputati per tradizione, quali lo Stato e le Organizzazioni di solidarietà non lucrative, ma anche le imprese profit, attraverso la scelta volontaria di adottare comportamenti socialmente responsabili ed etici. Il settore profit, infatti, dopo lo slancio prodotto dall'adozione dei programmi di Total Quality Management, si sta arricchendo di ulteriori vincoli e, al contempo, di nuove risorse da ottimizzare, quali l'ambiente fisico e il contesto sociale interno ed esterno all'impresa stessa. Questo per rispondere ad una duplice domanda proveniente, da un lato, dalla società civile sensibile, che esige uno sviluppo sostenibile; dall'altro, dalle imprese che hanno necessità di gestire il rischio, creando e mantenendo il vantaggio competitivo. Il mercato e la società chiedono sempre di più alle imprese profit, chiedono, non solo una qualità intrinseca dei prodotti e servizi, ma chiedono anche il rispetto di condizioni produttive ambientalmente e socialmente compatibili, definite dalla stessa responsabilità sociale. Fra l'altro, i bisogni di ampliamento e superamento della logica del puro scambio monetario vanno oltre la sfera dei consumatori e degli investitori etici, ad esempio coinvolgono anche i lavoratori, che scelgono un'impresa piuttosto che un'altra, non solo in base al reddito, ma anche in base agli asset intangibili di cui potranno beneficiare (reddito, formazione, clima, fiducia, valori personali e sociali) . La pratica di un comportamento "responsabile" per le imprese rappresenta, dunque, un investimento, sia sul capitale umano ed ambientale, sia sulle condizioni sociali, di salute e di sicurezza sui luoghi di lavoro degli occupati ad ogni livello. Sulla scorta di quanto appena detto, anche la Commissione Europea nella redazione del Libro Verde sottolinea come questo concetto debba andare ben oltre il mero rispetto della legislazione vigente . L'incoraggiamento allo sviluppo di questo interesse dovrebbe portare addirittura ad una crescita aziendale, in base agli aspetti positivi che andrebbero a compensare l'apparente incremento dei costi. Tali aspetti sono: la trasparenza, la miglior immagine sociale che si ripercuote anche nella possibilità di ottenere maggiori finanziamenti e consensi da parte dell'opinione pubblica, il miglioramento delle condizioni di lavoro, la valorizzazione ottimale delle risorse umane interne all'impresa e, più in generale, un progressivo miglioramento della qualità della vita. Le recenti riflessioni del prof. Stefano Zamagni rilevano che: "l'idea centrale, e di conseguenza la proposta dell'economia civile, debba essere, ai nostri giorni, quella di vivere l'esperienza della socialità umana, della reciprocità e della fraternità all'interno di una normale vita economica, facendo sì che i principi "altri " dal profitto e dallo scambio strumentale possono trovare posto dentro l'attività economica. E, le società, che si sviluppano in maniera armonica, sono quelle in cui al loro interno trovano uguale spazio i tre principi autonomi: lo scambio di equivalenti, in altre parole la peculiarità del mercato, la ridistribuzione della ricchezza, assicurata dall'intervento dello Stato secondo principi legali ed etici ed il dono, favorito dalle organizzazioni del Terzo settore, la cui attività è incentrata sulla creazione e lo scambio di beni relazionali, di fiducia e socialità" . Da ciò emerge, dunque, come sia determinante per lo sviluppo della nostra società che tutti gli attori, pur esercitando autonomamente la propria attività, solo se inseriti in una logica di reciproca "contaminazione", possano conseguire risultati soddisfacenti per essi stessi e per l'intera comunità. Per tanto, con questo elaborato, basato sul tema della responsabilità sociale d'azienda profit, ho voluto approfondire il significato che sta assumendo, nella realtà odierna, il concetto di Corporate Social Responsability, le motivazioni intrinseche ed estrinseche alla società che incoraggiano la diffusione di tale comportamento, gli strumenti da essa utilizzati (bilancio sociale, rapporto con gli stakeholders, certificazioni etiche, sponsorizzazioni sociali). Ed infine, ho inteso osservare le relazioni che si stanno determinando nell'ambito dell'economia civile, tra i diversi attori, in modo particolare, tra le aziende profit e quelle non profit. Su quest'ultimo punto illustrerò un'esperienza realmente accaduta, riguardante un contratto di sponsorizzazione sociale fra un'azienda profit e una piccola associazione di volontariato della Regione Toscana. L'aspetto interessante è che la partnership è stata realizzata su iniziativa della stessa azienda profit, che essendo venuta a conoscenza dell'organizzazione e delle sue attività di solidarietà internazionale, ha deciso di sostenere un suo progetto.

NB. Chi fosse interessato al lavoro, può contattare per ulteriori approfondimenti: info@bilanciosociale.it

Indice

1. INTRODUZIONE

2. CHE COS'E' LA RESPONSABILITA' SOCIALE D'AZIENDA

3. IL PERCHE' DELLA RESPONSABILITA' SOCIALE

4. GLI STAKEHOLDERS

5. GLI STAKEHOLDERS INTERNI
5.1. Gli azionisti
5.2. Il personale dipendente

6. STAKEHOLDERS ESTERNI
6.1. I fornitori
6.2. I consumatori
6.3. La comunità nazionale e lo Stato
6.4. La comunità locale
6.5. L'ambiente
6.6. Le generazioni future

7. LE NORME DI CONDOTTA E I REGOLAMENTI INTERNI
7.1. Il Codice di condotta
7.2. Il Codice etico

8. GLI STANDARD INTERNAZIONALI
8.1. La certificazione etica SA 8000
8.2. I principi di Accountability 1000
8.3. Il bilancio sociale

9. PARTNERSHIP TRA AZIENDA PROFIT E ONP
9.1. Cause Related Marketing
9.2. Sponsorizzazione sociale

10. SPONSORSHIP TRA S.I.D.AL. e ASSOCIAZIONE MANGROVIA
10.1. Associazione Solidaristica Internazionale "Mangrovia"
10.2. Società S.I.D.AL. S.r.l.
10.3. Il progetto di sponsorizzazione sociale "Una Buona Azione"

11. CONCLUSIONI
ALLEGATO N. 1
ALLEGATO N. 2/3 Contratto sponsorship/Catalogo "Una Buona Azione"

12. BIBLIOGRAFIA

Torna su



"L'approccio transnazionale al controllo delle attività delle imprese multinazionali: il fenomeno dei codici di condotta privati"

Rendiamo disponibile la tesi in diritto internazionale dell'economia: "L'approccio transnazionale al controllo delle attività delle imprese multinazionali: il fenomeno dei codici di condotta privati", del Dott. Gianluca Serra, laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale", relatore prof.ssa Anna Di Lieto, correlatore prof. Giuseppe Cataldi (direttore dell'Istituto per lo Studio comparato sulle Garanzie dei Diritti fondamentali, CNR).

ABSTRACT.
L'annosa questione del controllo delle attività delle imprese multinazionali (IMN) costituisce una tessera centrale nel mosaico degli elementi che concorrono ad affrescare il tema della crisi della sovranità statale. Quest'ultima, lungi dal configurarsi come un processo lineare, si presenta all'internazionalista come un fenomeno complesso, carico di contraddizioni interne. Infatti, se, da un lato, la crescente sensibilità dimostrata dalla comunità internazionale per la tutela dei diritti umani sembra sgretolare, a vantaggio dell'individuo, il monolite bodeniano della sovranità statale (basti pensare alla prassi dell'intervento -autorizzato o meno dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite- di stati terzi in guerre civili accompagnate da gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani), dall'altro, le IMN, muovendosi secondo logiche che trascendono la geografia dei confini politici e giuridici dei singoli stati, espongono diritti e politiche -che proprio nella sovranità hanno storicamente trovato il loro campo di definizione ed attuazione- al verosimile rischio di una diluizione, o peggio dissoluzione, nell'anomia dell'oceano globale. Dotate di una struttura proprietaria e di controllo altamente mobile e flessibile, le IMN sono capaci di interferire con le politiche socio-economiche perseguite dai governi e di eludere le legislazioni nazionali. Ad esempio, le IMN tendono ad operare tattiche di transfer pricing ai danni degli erari nazionali, ad allocare segmenti del processo produttivo ad alta intensità di lavoro e/o cui si associa un elevato rischio ecologico in Paesi nei quali non esistono (ovvero esistono e non sono applicate) legislazioni a tutela del lavoratore e/o dell'ambiente… Un sistema che da "internazionale" (cioè fondato su rapporti tra stati-sovrani, capaci di controllare le dinamiche delle rispettive comunità territoriali) diviene progressivamente "globale" (cioè fondato su reti di attori transnazionali che by-passano e depotenziano le sovranità) non può che vedere la dimensione giuridico-politica comprimersi in favore di una incalzante dimensione economica, le cui impersonali leggi di domanda ed offerta paiono ergersi ad unici criteri regolatori. Quale destino, in un tale scenario, per la tutela di posizioni giuridiche positive individuali e collettive? Quale destino per la praticabilità di azioni pubbliche volte al perseguimento di obiettivi di interesse generale? Dal sinolo attività delle imprese multinazionali-crisi della sovranità statale prende le mosse la presente tesi, il cui fine ultimo è quello di mettere in luce i rischi e le potenzialità connessi ad un approccio alla questione del controllo delle IMN teoricamente incentrato sul paradigma dell'auto-regolamentazione e praticamente mediato dai codici di condotta privati (c.d. approccio transnazionale). Questo costituisce una "terza via", complementare e non alternativa, ai già sperimentati approcci statale ed interstatuale, i quali hanno in comune il fatto di fondarsi su un concetto di normatività, per così dire, "tradizionale", cioè legato al monopolio statale di produzione delle regole, e conseguentemente di eteronomia del diritto per i soggetti non statali. L'approccio transnazionale colloca, invero, la questione del controllo delle IMN oltre le due classiche estrinsecazioni (interna ed internazionale) dell'attività di normazione svolta dallo stato, aprendo la strada ad una visione pluralistica del diritto internazionale, cioè all'eventualità che lo stesso possa essere creato non solo da quei tradizionali "law-makers" che sono gli stati (operanti ora uti singuli ora nell'ambito di organizzazioni internazionali) ma anche da soggetti non statali, quali appunto le IMN, che ne sono i destinatari. L'impianto complessivo del nostro contributo si articola in due principali momenti. Nella parte I, dopo aver tracciato i profili definitori di IMN rilevanti ai fini della successiva analisi (capitolo primo), ci si confronta con aspetti storici e giuridici (sia materiali che effettuali) del movimento dei codici di condotta privati delle IMN (capitolo secondo); quindi, si guarda alla posizione assunta rispetto al movimento in parola da alcuni salienti soggetti della società economica internazionale (capitolo terzo). Nella parte II, si tenta, infine, di rivisitare, dalla prospettiva transnazionale (leggi: dal punto di vista dei codici di condotta privati), il rapporto tra diritto internazionale dell'economia e la tutela dei diritti dei lavoratori (capitolo quarto).

NB. Chi fosse interessato al lavoro, può contattare per ulteriori approfondimenti: info@bilanciosociale.it

INDICE GENERALE

INTRODUZIONE

1. Attività delle imprese multinazionali e crisi della sovranità statale
2. Le tre forme di controllo giuridico dell'attività delle imprese multinazionali
2.1 Il piano statuale
2.2 Il piano interstatuale
2.3 Il piano transnazionale

PARTE I
ASPETTI GENERALI DEL MOVIMENTO DEI CODICI DI CONDOTTA PRIVATI


CAPITOLO PRIMO
LE IMPRESE MULTINAZIONALI: PROFILI DEFINITORI

1. La multinazionalizzazione come modalità di organizzazione del sistema di produzione globale
2. Definizione di impresa multinazionale
2.1 Nozione economico-aziendale di impresa multinazionale
2.2 Nozione giuridica di impresa multinazionale
3. Sulla soggettività giuridica internazionale delle imprese multinazionali
3.1 Impossibilità di un collegamento diretto dell'impresa multinazionale all'ordinamento giuridico internazionale
3.2 Impossibilità di configurare una soggettività internazionale delle imprese multinazionali alla luce dei codici di condotta internazionali
3.3 Impossibilità di configurare una soggettività internazionale delle imprese multinazionali alla luce dell'evoluzione del diritto internazionale umano
3.4 Impossibilità di configurare una soggettività internazionale delle imprese multinazionali alla luce della loro autonoma capacità normativa
3.5 Conclusioni
3.5.1 La soggettività internazionale passiva indiretta dell'impresa multinazionale
4. Sulla personalità transnazionale dell'impresa multinazionale

CAPITOLO SECONDO
L'AUTOREGOLAMENTAZIONE DELLE ATTIVITA' DELLE IMPRESE MULTINAZIONALI: I CODICI DI CONDOTTA PRIVATI

1. Nozione di codice di condotta privato di un'impresa multinazionale
2. Contestualizzazione del movimento dei codici di condotta privati
2.1 Deregulation e fine della Guerra Fredda: le coordinate storiche della self-regulation del settore multinazionale
2.2 I molteplici moventi della self-regulation del settore multinazionale
3. L'ambito di applicazione dei codici di condotta privati delle imprese multinazionali
3.1 Sfera di applicazione ratione materiae
3.2 Sfera di applicazione ratione personarum
3.2.1 Il pubblico
3.2.2 Gli attori commerciali: partners e concorrenti
3.2.3 Le risorse umane: lavoratori e management
3.2.4 Gli stati
4. La struttura dei codici di condotta privati delle imprese multinazionali
4.1 I formati
4.2 Contenuti
4.2.1 Contenuti in evoluzione: cinque generazioni di codici
4.2.2 Contenuti standard di un codice
5. L'applicazione dei codici di condotta privati delle imprese multinazionali
5.1 Trasparenza
5.2 Controllo
5.2.1 Meccanismi di controllo diretto
5.2.1.1 Meccanismi di controllo diretto: le disposizioni aventi ad oggetto le attività della stessa impresa multinazionale
5.2.1.2 Meccanismi di controllo diretto: le disposizioni indirizzate ai business partners
5.2.2 Meccanismi di controllo indiretto
5.2.2.1 Meccanismi di controllo indiretto: i consumatori
5.2.2.2 Meccanismi di controllo indiretto: gli azionisti
5.3 Imposizione
5.3.1 La violazione del codice commessa dalla stessa impresa multinazionale
5.3.2 La violazione dei terms of engagement commessa dai business partners
6. Codici di condotta privati delle imprese multinazionali e diritto
6.1 La giuridicità dei codici di condotta privati delle imprese multinazionali
6.2 Individuazione dell'ordinamento giuridico di afferenza dei codici di condotta privati delle imprese multinazionali

CAPITOLO TERZO
UNA PLATEA DI ATTORI ATTORNO AL MOVIMENTO DEI CODICI DI CONDOTTA PRIVATI DELLE IMPRESE MULTINAZIONALI

1. Le organizzazioni non governative ed i sindacati: tra alleanze e tensioni
2. Gli stati: tra incentivi e codici modello
3. L'Organizzazione delle Nazioni Unite: verso una "pubblicizzazione" della self-regulation?
4. L'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico: la self-regulation nelle Guidelines "riformate"
5. L'Unione Europea: la dialettica Parlamento-Commissione sul tema della self-regulation

PARTE II
CODICI DI CONDOTTA PRIVATI E DIMENSIONE SOCIALE


CAPITOLO QUARTO
L'APPROCCIO TRANSNAZIONALE ALLA TUTELA DEI DIRITTI DEI LAVORATORI
1. La multinazionalizzazione dell'economia e le dinamiche del mercato del lavoro
2. Cenni sulla tutela dei diritti dei lavoratori nei codici di condotta internazionali
3. La tutela dei diritti dei lavoratori nei codici di condotta privati delle imprese multinazionali
3.1 Le lacune materiali dei codici di condotta privati
3.1.1 Le specificazioni relative alla libertà d'associazione e all'effettivo riconoscimento del diritto alla contrattazione collettiva - Convenzioni OIL n. 87 e n. 98
3.1.2 Le specificazioni relative all'eliminazione di qualsiasi forma di lavoro forzato o obbligatorio - Convenzioni OIL n. 29 e n. 105
3.1.3 Le specificazioni relative all'abolizione effettiva del lavoro infantile- Convenzione OIL n. 138
3.1.4 Le specificazioni relative all'eliminazione di ogni forma di discriminazione nel lavoro - Convenzioni OIL n. 100 e n. 111
3.2 Le lacune effettuali dei codici di condotta privati
3.2.1 Difetti di trasparenza
3.2.2 Difetti nel controllo
3.2.3 Difetti nell'imposizione
4. L'Organizzazione Internazionale del Lavoro di fronte al fenomeno della self-regulation: verso una "privatizzazione" della clausola sociale?

CONCLUSIONI

1. I rischi di una regolamentazione dal basso del fenomeno multinazionale
2. Le potenzialità del fenomeno dei codici di condotta privati

Torna su



"Terzo settore e comunicazione. Lo strumento del bilancio sociale nel non profit italiano"

Rendiamo disponibile la tesi della Dott.ssa Chiara Zuccato, "Terzo settore e comunicazione. Lo strumento del bilancio sociale nel non profit italiano" discussa in data 1/7/2002 presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università Cattolica di Milano, voto 110lode, relatore Prof. Vincenzo Cesareo, Ordinario di Sociologia presso la stessa Università. "Il taglio sociologico con cui ho affrontato l'argomento, a quanto ho potuto vedere finora, è piuttosto innovativo, dato che esistono numerosi studi economici e giuridici in merito, ma non sociologici."
Riassunto tesi (File Word zippato 10 Kb)

NB. Chi fosse interessato al lavoro, può contattare per ulteriori approfondimenti: info@bilanciosociale.it

Indice

Introduzione

Capitolo primo – Il Terzo settore

1.1 Introduzione
1.2 Il non profit oggi in Italia
1.3 Evoluzione storica delle organizzazioni di Terzo settore
1.4 Quali sono le organizzazioni di Terzo settore
1.5 Primo censimento Istat sul non profit italiano

Capitolo secondo – La comunicazione

2.1 Introduzione
2.2 Cosa si intende per comunicazione
2.3 Perché si comunica
2.4 La comunicazione come fattore strategico
2.5 A chi si comunica
2.6 Che cosa si comunica
2.7 Strumenti di comunicazione
2.8 Non profit marketing o social marketing?

Capitolo terzo - Il bilancio sociale

3.1 Introduzione
3.2 Storia del bilancio sociale
3.3 Definizioni di contabilità sociale
3.4 Quale rapporto tra impresa e società?
3.5 Perché adottare un bilancio sociale? pag. 81
3.6 Modelli di bilancio sociale
   3.6.1 Modelli di contenuto
   3.6.2 Modelli di processo
3.7 Conclusioni

Capitolo quarto - Interviste agli esperti

4.1 Introduzione
4.2 Interviste
4.3 Conclusioni

Capitolo quinto - Casi di bilancio sociale non profit

5.1 Introduzione
5.2 Interessa davvero il bilancio sociale al Terzo settore italiano?
5.3 Analisi comparata di bilanci sociali
   5.3.1 Osservazioni generali
   5.3.2 Confronto in relazione ai princìpi di Zadek
   5.3.3 Confronto con i modelli teorici
5.4 Due case history : fondazione Cariplo e Legambiente
   5.4.1 Fondazione Cariplo
   5.4.2 Legambiente
   5.4.3 Confronto tra fondazione Cariplo e Legambiente
5.5 Conclusioni

Allegati

Bibliografia

Web references

Torna su



"La responsabilità sociale nella corporate governance. Il caso del bilancio sociale della provincia di Parma"

Rendiamo disponibile la tesi del Dott. Giulio Reina, “La responsabilità sociale nella corporate governance. Il caso del bilancio sociale della provincia di Parma”; relatore la Prof.ssa M. G. Baldarelli Corso di Laurea in Economia del Turismo, Sede di Rimini Facoltà di Economia Università di Bologna.

I recenti scandali di grosse società americane hanno evidenziato la necessità di affrontare il tema della trasparenza nella governance delle aziende e hanno favorito l’emergere della tematica dell’etica d’impresa. Per un’impresa assumere la responsabilità sociale significa superare la concezione di profitto come unico parametro di interpretazione dell’azienda e assumersi un vettore di obiettivi economico-sociali. La direzione aziendale per introdurre e mantenere un soddisfacente livello di moralità ha a disposizione vari strumenti, come la certificazione SA 8000, il codice etico, il bilancio sociale; in particolare in questo lavoro viene analizzato il bilancio sociale della Provincia di Parma, primo esempio in Italia applicato all’intera attività dell’ente Provincia.

NB. Chi fosse interessato al lavoro, può contattare per ulteriori approfondimenti: info@bilanciosociale.it

Indice

Introduzione

Capitolo I
La responsabilità sociale: rete concettuale


1.1. La regolazione sociale all’interno dell’impresa
1.2. Valori sociali e valori etici
1.3. L’etica nella gestione
1.4. Definire la responsabilità sociale delle imprese
1.5. L’evoluzione storica-legislativa della RSI
1.6. L’evoluzione della RSI in Europa
1.7. La dimensione mondiale della RSI

Capitolo II
Eccellenza e corporate governance


2.1. La vocazione all’eccellenza imprenditoriale
2.2. Evoluzione del concetto di mission per l’azienda
2.3. Governance, etica e controllo
2.4. Finalismo aziendale e sistema informativo
2.5. L’introduzione di modelli normativi per la soluzione di problematiche legate alla corporate governance
2.6. Il modello di corporate governance adottato in Italia
2.7. Il modello di corporate governance delle società “aperte”
2.8. Il modello di corporate governance delle società “chiuse”
2.8.1. La riforma del diritto societario
2.8.2. Tre modelli per governare la Spa

Capitolo III
Gli strumenti di controllo


3.1. Il bilancio sociale
3.2. La certificazione SA 8000
3.3. La AA 1000
3.4. Il progetto Q-RES
3.5. Il Codice etico
3.6. La finanza etica
3.7. Riflessioni finali

Capitolo IV
Il caso del bilancio sociale della Provincia di Parma


4.1. La Provincia di Parma
4.2. Il primo esempio in Italia applicato ad un Ente Provincia
4.3. Nascita, organizzazione e sviluppo del progetto
4.4. Risultati del lavoro e novità per la prossima edizione

Conclusioni

Allegati

Bibliografia

Torna su



"I discorsi delle organizzazioni: analisi della retorica del Bilancio Sociale"

Rendiamo disponibile la tesi della Dott.ssa Cecilia Pincella, “I discorsi delle organizzazioni: analisi della retorica del Bilancio Sociale”; relatore Chiar.mo Prof. Domenico Bodega, correlatore: Chiar.ma Prof.ssa Elisabetta Matelli Corso di Laurea in Filosofia, Università Cattolica del Sacro Cuore Facoltà di Lettere e Filosofia

In questo lavoro ci si intende occupare di un tema relativamente nuovo attraverso una chiave di lettura antichissima. Andremo a mostrare che il bilancio sociale - con particolare riferimento ai documenti prodotti in Italia dagli istituti di credito - può e deve essere sottoposto ad una lettura retorica. Il lavoro si articola in tre parti. Ci occuperemo dapprima del bilancio sociale spiegando di che documento si tratta, come nasce e soprattutto in risposta a quale genere di aspettative. Per questa prima sezione abbiamo fatto riferimento agli studi più significativi in proposito, nella maggior parte dei casi recentissimi e di natura quasi esclusivamente economica. Fa eccezione in questo senso il testo di Viviani Lo specchio magico, da cui abbiamo ripreso lo spunto del rapporto fra bilancio e verità che diventerà uno degli elementi portanti della nostra argomentazione. I testi che trattano del bilancio sociale lo analizzano generalmente o in una prospettiva storica - ossia guardando prevalentemente ai vari contesti europei in cui si sviluppa e alle motivazioni che ne determinano il successo -o, in una prospettiva utilitaristica, analizzando le diverse funzioni che esso può svolgere e i possibili vantaggi che l'impresa può perseguire attraverso il processo di rendicontazione economica e sociale. Nei primi capitoli si fa ovviamente riferimento a queste visioni e si cerca attraverso esse di dare un'idea il più possibile chiara e completa della natura del documento che si andrà poi ad analizzare. Nella seconda parte ci si occupa della retorica e del suo rapporto con la filosofia: di come questo si ponga nella sua costituzione originaria e di come si presenti oggi. Mostreremo infatti come il legame fra retorica e filosofia sia strutturale e come, qualora il rapporto venga meno, la retorica sia destinata a cadere in un pericoloso discredito. Sarà proprio in questa seconda parte che si farà più esplicito anche il legame fra le due tematiche - bilancio sociale e retorica - prima apparentemente giustapposte. Sviluppando lo spunto del testo di Viviani si propone di considerare il bilancio d'esercizio come espressione di una visione aristotelica della verità come adeguatio mentre la concezione sottesa al bilancio sociale sarebbe di natura "dialogica". Si mostrerà quindi come una simile concezione del vero sia di natura eminentemente retorica e come quindi un'analisi che guardi alla struttura argomentativa del bilancio sociale sia non solo giustificata ma perfettamente adeguata alla natura del documento. Una terza irrinunciabile parte è, infine, dedicata all'applicazione della chiave di lettura proposta: procederemo quindi all'analisi di tre documenti di gruppi bancari italiani ed in essi analizzeremo percorsi argomentativi anche molto distanti fra loro. L'intento del lavoro non è tanto mettere insieme due tematiche in apparenza insanabilmente distanti, quanto piuttosto quello di ipotizzare una direzione di lavoro per una filosofia che possa essere anche analisi del quotidiano, svelamento di meccanismi nascosti e non pienamente controllati nemmeno dagli stessi "tecnici". Quello che si intende mostrare in tutta la sua luminosa evidenza è il bisogno che abbiamo di filosofia anche negli ambiti in cui meno ce lo si aspetterebbe, nelle banche, nel mondo dell'impresa, nei campi in cui tradizionalmente le materie sovrane sono altre. Semplicemente si addita, si mette a nudo una necessità. Ai filosofi il compito di proseguire il cammino.

NB. Chi fosse interessato al lavoro, può contattare per ulteriori approfondimenti: info@bilanciosociale.it

Indice

Introduzione

Parte I

Capitolo I: Il Bilancio Sociale: contesti e prospettive

I.1. Il contesto culturale
I.2. I destinatari: gli stakeholder
I.3. Per una breve storia del Bilancio Sociale
   I.3.1. Il contesto francese
   I.3.2. Il contesto tedesco
   I.3.3. Il contesto inglese
   I.3.4. Il contesto statunitense
   I.3.5. Il contesto italiano: studi e modelli proposti
I.4. Il problema di una ineliminabile soggettività
I.5. Scopi e valenze del documento

Capitolo II: Il Bilancio Sociale nel settore del credito: la proposta dell'Associazione Bancaria Italiana.

II.1. Specificità del settore del credito
II.2. Il Bilancio Sociale come strumento di comunicazione
II.3. Le ricadute sulla struttura organizzativa
II.4. Il modello di redazione del Bilancio Sociale proposto dall'Abi

Parte II

Capitolo III: Retorica e filosofia. Spunti per la rilettura di un rapporto contrastato.

Premessa

III.1. La retorica classica
   III.1.1. Le origini
   III.1.2. Protagora e Gorgia
   III.1.3. Platone
   III.1.4. Aristotele

III.2 Il Novecento
   III.2.1. Chaim Perelman
   III.2.2. Hans Georg Gadamer
   III.2.4. Ivor Armstrong Richards
   III.2.5 Jurgen Habermas
   III.2.6. Hans Blumenberg

III.4. La rilevanza della retorica nel contesto culturale contemporaneo

IV Capitolo: La retorica del Bilancio Sociale

IV.1. Per una lettura retorica del Bilancio Sociale
IV.2. Il Bilancio Sociale come discorso epidittico
IV.3. Il Bilancio Sociale fra vero e verosimile

Parte III

Premessa

V Capitolo: Il Bilancio Sociale di Banca Monte dei Paschi di Siena

VI Capitolo: Il Bilancio sociale di UniCredito italiano

VII Capitolo: Il Bilancio Sociale del Gruppo Bancario Credito Valtellinese

VIII Capitolo: Considerazioni conclusive

Bibliografia

Documenti

Torna su





powered by copyright © 2000 Reporting R.P.